PSICOTERAPEUTA ANALITICO ESISTENZIALE AD APPROCCIO INTEGRATO
IPNOTERAPEUTA ERICKSONIANA iscritta all'albo della società italiana di Ipnosi S.I.I.
ISCRITTA ALL’ALBO DEGLI PSICOLOGI DEL LAZIO N.3751 CON RICONOSCIMENTO DELL’ATTIVITA’ DI PSICOTERAPEUTA.
LAVORA DAL 1991 IN ALBANO LAZIALE COME PSICOLOGA E PSICOTERAPEUTA.
Decido di presentarmi evitando di elencare le mie varie specializzazioni, riducendole all’indispensabile per rapportarmi più su un lato umano che professionale.
Lavoro dal 1991 in Albano Laziale come PSICOLOGA -PSICOTERAPEUTA , sia per la mia formazione che per il mio lavoro personale ho scelto una psicoterapia ad Approccio Integrato ad orientamento Umanistico e analitico ESISTENZIALE.
Quindi sono iscritta all’albo degli psicologi del Lazio, n.3751 e riconosciuta come psicoterapeuta.
Sono iscritta all'albo della società italiana di Ipnosi S.I.I.
Realizzai il bisogno dopo i miei 50 anni di prendere un master in Ipnosi Ericksoniana, e ora continuo a frequentare un gruppo di studio e di supervisione condotto dal caposcuola Prof. Camillo Loriedo.
La crescita di ogni psicoterapeuta avviene attraverso la crescita dei suoi pazienti, non solo con aggiornamenti e continui studi, certamente è importante mettersi in discussione e confrontarsi, infatti da più di venti anni ho scelto di incontrarmi con terapeuti di varia formazione almeno una volta al mese, in una esperienza didattica-formativa e psicodinamica chiamata “gruppo di intervisione”, dove si possono mettere in gioco le proprie difficoltà personali, fondamentale per crescere come persona e come professionista.
È centrato sull’ascolto e il rispetto della Persona. Su l’accoglienza e il sostegno attraverso una psicoterapia Umanistica esistenziale. Un approccio che valorizza la capacità innata della Persona di prendersi cura di sé e dei suoi Progetti di Vita.
Ricercando le cause dei sintomi e dei disagi emotivi, potenziamo insieme le risorse esistenziali per realizzare un cambiamento.
Con un approccio integrato l’intervento sulla persona è “ritagliato su misura” attraverso una sinergia tra tecniche corporee, ipnosi Ericksoniana, incontri di gruppo, sempre nel rispetto della scelta personale.
Tutto ciò è ideale per ogni forma di nevrosi depressiva, stati ansiosi o attacchi di panico, disturbi psicosomatici nelle molteplici sfumature, dall’insonnia alle reazioni epidermiche, disturbi gastirci e intestinali, vari altri malesseri che non sono altro che un grido di aiuto della nostra psiche: tic, ossessioni e manie compulsive, fobie e ansia sociale, problematiche sessuali e di coppia, dipendenze affettive e disturbi del comportamento alimentare.
Principalmente lavoro con adulti e adolescenti, non escludendo l’intervento su bambini collaborando con altri colleghi dello studio di psicologia.
La mia visione del benessere della Persona prevede un individuo capace di ricercare dentro di sé, attraverso la mia guida, la risposta alle sue domande, le soluzioni ai suoi conflitti, di cui i sintomi espressione del nostro saggio inconscio sono solo un segnale da interpretare per il nostro bene.
Un ringraziamento
Le Belle Persone che incontro ogni giorno nel mio studio hanno Delle parti in comune tra loro e con loro mi rispecchio e continuo a crescere ....
Ammirabili per la loro capacità di chiedere aiuto, introspettive, autentiche, riconoscono di avere una forte tendenza ad avere il controllo su tutto...tentativi per gestire il malessere dando un senso ad ogni cosa, spesso presentano una sindrome da crocerossina/o.
Altruisti si occupano più di un "tu" che di un "io".
Una storia comune affiora, quando si è cresciuti in una famiglia fragile, inadempiente, che non ha costruito sicurezza i meccanismi anche sani dell'Io si fissano su comportamenti che giovano emotivamente solo inizialmente ...ma diventeranno rigidi e non più vincenti.
Il controllo calma l'ansia ....ma in seguito ci fa sentire in trappola.
Occuparsi degli altri esorcizza la propria paura di perdersi...curiamo il nostro "bambino abbandonato" attraverso l'altro, con il rischio di non riconoscere più il nostro bisogno reale.
Imparare ad Amarsi senza dipendere è il cammino , rallentare ed ascoltarsi, un cammino non facile a volte ....si va avanti e indietro.
Ma si va comunque oltre. Sempre in un viaggio a due!! Grazie..a voi!
Viviana
UN DISAGIO NEVROTICO O ESISTENZIALE DIVIENE UNA GRANDE OCCASIONE DI CAMBIAMENTO E TRASFORMAZIONE !! BUON LAVORO A NOI CHE CERCHIAMO IL NOSTRO ARTISTA INTERIORE!
Si ringrazia Alicia Dan per la poesia e Emanuela Emy D per il dipinto dell’albero.
Un grazie anche all'amica Miriana per la sua presenza nel setting
Articoli, pensieri, poesie e molto altro...
LA DEPRESSIONE OGGI
le cause individuali nel tempo Covid
Dr.ssa Viviana Morelli
Questo argomento di vasta estensione vorrei affrontarlo senza ricalcare trattati di psicologia che hanno ben illuminato il suo aspetto più patologico, ma cogliendo alcune sfumature più comuni e se mi consentite il termine … normo-nevrotiche.
A tal proposito vorrei fare solo una considerazione sul momento che stiamo vivendo. In questo caos emotivo di insicurezze economiche e paure da coronavirus, veniamo colpiti e destabilizzati dalla mancanza di certezze miscelata ad informazioni contrastanti tra loro. Tutti ci sentiamo “tristi” con un tono dell’umore ballerino, alcuni di noi vivono uno stato di oppressione e angoscia, l’angoscia di morte ci porta ad attuare schemi autoprotettivi che ci allontanano dalle persone. L’uomo per sua natura è un essere sociale e l’isolamento forzato lo danneggia e nel clima che si genera risulta difficile sognare e progettare, vivendo così giorno per giorno senza un futuro programmato e certo.
Siamo quindi tutti segnati da un “trauma” che colpisce tutta l’umanità che va a potenziare o portare in luce traumi precedenti.
Questo significa che chi di noi vive una situazione pregressa da un punto di vista depressivo, certamente percepirà un peggioramento e un acutizzarsi dei sintomi correlati, mentre alcuni di noi che ritenevano di aver superato tante avversità della vita, potrebbero percepirsi improvvisamente fragili e senza energie reattive agli eventi. Ogni caso ovviamente va visto singolarmente.
Inizio specificando che momenti oscuri e toni dell’umore basso fanno parte del panorama emotivo di ogni essere umano. Reazioni “depressive” a molti eventi della vita possono essere più o meno lunghe ed intense e sia la durata che intensità danno la misura dell’impatto sulla persona.
Parliamo in questo caso della “sindrome depressiva reattiva”, cioè una manifestazione che segue un evento emotivo, conflittuale o traumatico. Dura un periodo più o meno lungo e si risolve attraverso un’elaborazione dei vissuti e un nostro cambiamento nell’atteggiamento comportamentale.
CHE VUOL DIRE SENTIRSI DEPRESSI?
Negli stati depressivi possiamo percepirci apatici e poco interessati al mondo, svogliati e demotivati ad agire in qualcosa che dovremmo fare per noi o per aspettative altrui, provando a volte a nasconderci dietro una falsa pigrizia per evitare situazioni che ci mettono in difficoltà. Sentiamo un grande calo energetico.
ALCUNI SINTOMI TIPICI
I sintomi che in questi casi potremmo rilevare autonomamente potrebbero essere un desiderio di isolamento, una diminuita cura della propria persona connesso ad desiderio di rifugiarsi nel sonno, perdita di appetito o fame compulsiva, pensieri cupi, eccessiva predisposizione al pianto, angoscia di morte, alcune somatizzazioni e insonnia.
Chiaramente momenti o giornate depressive sono una naturale umana reazione ad una frustrazione subita a cui, nel giro di pochi giorni, generalmente possiamo reagire ritrovando le nostre risorse vitali. Se però tale momento dovesse proseguire, è necessario soffermarsi a riflettere su cause più o meno consapevoli.
DEPRESSIONE E CONFLITTO
Spesso la Depressione nasce da un conflitto profondo a volte inconsapevole che non riusciamo a superare non riuscendo a prendere delle posizioni importanti e decisionali per la nostra vita. A volte rimaniamo bloccati e intossicati dalla nostra stessa rabbia o dolore, possiamo rimanere intrappolati in un rapporto di coppia che non ci rende più felici, in un amore malato, in dinamiche tossiche con la famiglia di origine, oppure in un lavoro che non rispetta la nostra vera natura.
In questi casi il mio consiglio è un confronto con uno psicoterapeuta.
DEPRESSIONE E LUTTI
Se si tratta di una morte naturale il lutto avrà delle fasi di elaborazione che vanno vissute nei loro tempi. Siamo più portati ad accettare il dolore e la depressione conseguenti. Se siamo state vittime di un abbandono di un tradimento o di un fallimento di una relazione affettiva, la depressione si alternerà alla rabbia. In questo caso abbiamo necessariamente bisogno di un tempo di elaborazione dei fatti per salvare la nostra autostima.
DEPRESSIONE E CONFLITTI ESISTENZIALI
Il dovere verso la nostra Vita è onorarla rispettando noi stessi e le nostre naturali predisposizioni. Spesso condizionamenti sociali e familiari ci allontanano dal nostro vero “progetto esistenziale”. Questa situazione ci potrebbe facilmente sviluppare un malessere depressivo da “non senso della vita” da “vuoto” e il disagio che ne scaturisce diviene un segnale assolutamente da ascoltare.
DEPRESSIONE E PASSAGGI DI VITA
Per ogni essere umano è difficile accettare i cambiamenti della vita quali i figli che si allontanano, il pensionamento, l’età che avanza e alcuni segnali di invecchiamento. Le donne in particolare avendo un calo degli estrogeni verso la menopausa e un naturale calo della serotonina, possono scoprirsi depresse e intolleranti. Sono passaggi delicati dove la presenza di alcune malattie organiche va a braccetto con una reazione depressiva. Il salto di qualità esistenziale è poter accettare che alcuni cambiamenti implichino la perdita della giovinezza o della prestazione fisica. Bisogna necessariamente accettare alcune realtà e qualità non ritorneranno più.
Cosa possiamo fare? Le piccole pratiche di auto-aiuto sono un buon modo per iniziare a reagire:
Oltre all’ascolto di sé stessi è importante parlare del nostro vissuto con altre persone senza vergogna; scopriremo così di non essere soli. In tempo di Covid anche solo delle videochiamate di condivisione, possono cambiare il modo di percepirci, un malessere condiviso viene percepito come meno patologico.
Ponendoci delle domande sulle cause, possiamo trovare del giovamento emotivo scegliendo qualunque comportamento che rappresenti un intervento di cambiamento, di un coraggioso “volersi bene”!
Come anche mettere dei paletti per gli altri, mettendo sé stessi al primo posto. Proviamo a dire dei terapeutici “no” che permettono di regalarci del tempo tutto per noi che ci consenta di ritrovarsi.
Avvalersi di prodotti naturali, fitoterapici, prima di avvicinarsi a prodotti allopatici.
Farsi guidare da uno specialista è un atto di amore per sé; abbiamo bisogno di un appoggio diverso oltre la realtà famigliare senza per questo viverci come malati ma come persone alla ricerca di un miglioramento della propria qualità della vita.
Un invito sincero che voglio fare è quello di potenziare la propria energia vitale attraverso un “agire” superando l’istinto passivo ed evitante, praticando attività che ci aiutano ad attivare endorfine positive quali il praticare dello sport, meditazione, appassionarsi all’arte e cultura o in tutte quelle attività a voi congeniali che possano stimolare la creatività e il pensiero.
All’inizio è un po' difficile compiere il primo passo in questa direzione ma dopo uno sforzo iniziale la strada si fa sempre più in discesa e i benefici cominciano a mettere in atto un circolo virtuoso che faciliterà sempre di più le cose.
Certamente il periodo non ci aiuta ma finirà. E ricominceremo a godere del terapeutico potere dell’incontro, dell’abbraccio e della condivisione godendo della possibilità di entrare in gruppi che con il sorriso e la gioia praticando un’attività insieme.
Vi voglio lasciare con un mio personale semplice principio:
qualunque cosa si possa fare per noi … facciamola! Non molliamo mai.
Insieme possiamo farcela!
Un abbraccio a tutti voi
Dr.ssa Viviana Morelli
AMICIZIA AL FEMMINILE...
Il lato oscuro e il lato luminoso
Sono una convinta sostenitrice del grande potere che le donne hanno in campo relazionale affettivo, una marcia in più in quanto sensibili, intuitive, materne, profonde conoscitrici della propria anima e delle proprie grandi risorse. In età adulta chi ha contattato queste parti luminose di sé...si trova circondata di amiche storiche e nuove, con cui condividere emozioni, viaggi, momenti duri, divertimento...a volte con uno spessore migliore di quanto gli uomini sanno fare.
Ma per arrivare alla luce bisogna conoscere il buio...a volte la propria e spesso l'altrui parte oscura.
La gelosia:
In età adolescenziale le ragazze ritrovano nell'amica del cuore l'immagine idealizzata della donna, ma anche la comprensione ...l'empatia. Si tende ad avere un amicizia-fusionale in adolescenza ma molte donne coltivano questa modalità anche in seguito, nell'età più adulta.Si tende a possedere l'amica del cuore/oggetto d'amore ad aver paura di perderla.
L'insicurezza personale porta a stati di dipendenza affettiva presenti in amicizia come nell’amore. Pensiamo di non poter vivere senza la propria amica, se si allontana per un avvicinarsi ad un'altra o ad un uomo, stati di angoscia possono portare a comportamenti aggressivi o punitivi.
Queste donne che si trovano a subire questi comportamenti ....in realtà li hanno anche provocati….in amicizia e in amore il gioco è sempre a due, c’è sempre una nostra parte di responsabilità in ogni dinamica relazionale. Nessuno è completamente innocente, nessuno completamente colpevole.
Le amiche che soffrono con più capacità “adulta” in un conflitto di gelosia, invidia, ricatto emotivo, tradimento… non possono far altro che cercare di riconoscere la propria “parte bambina”, esprimere i propri dolori e delusioni per poter accedere ad un dialogo di reciprocità di confronto e cercare di “sanare” e rientrare nel buono, magari maturando ad una relazione di amicizia migliore di quella precedente.
Le nostre parti “poco nobili” e quindi “oscure” sono sempre legate ad un grande bisogno di amore e ad una fragilità emotiva che quando sfugge alla consapevolezza provoca vari danni. Questa è una caratteristica universale, chi più chi meno la vive e manifesta.
A volte le ferite subite sono difficili da curare, in questi casi la via del non ritorno porta anche con se un esperienza che ci struttura e ci corazza, la maturità spesso è anche vivere un distacco totale o parziale, lasciar andare e trasformare. Niente può essere più come prima, ma è un esperienza che mi ha fatto crescere!
Due consigli pratici per chi sente di voler salvare l'amicizia, evitando il conflitto e comunque non subire il comportamento dell'amica.
1) certamente non assecondare i capricci dell'amica possessiva, quindi continuare a vedere altre amicizie di cui lei è gelosa, non nascondere le proprie qualità..o benefici in caso di invidia. Perché non c'è amicizia che può fondarsi sull'annullamento e la Co-dipendenza dall'altra, come in amore.
2) comunicare in modo trasparente il proprio vissuto di disagio e di malessere, senza avere atteggiamenti giudicanti, tipo: " tu sei gelosa o invidiosa e non va bene!"....i giudizi di valore producono muri difensivi e non si va da nessuna parte.
Molto meglio : " mi sento dispiaciuta in alcuni momenti...ti vedo diversa e a disagio quando parlo di "x" o quando c'è "y" , ...." cosa succede o cosa possiamo fare? " ......una modalità magica è " quando tu fai...quando tu dici...io mi sento".
L'amica fragile viene spinta a parlare del suo vissuto senza agito.
Ogni fallimento di una relazione è il fallimento di una comunicazione. Miglioriamola!
Viviana Morelli
AMORI IMPOSSIBILI
UNA TRAPPOLA O UN OPPORTUNITA’ DI CRESCITA?
Dottoressa VIVIANA MORELLI
CPA ALBANO 06 9325000/ 3382407842
In occasione di una conferenza nello studio dove esercito ad Albano Laziale, ho scelto un argomento comune come “l’Amore Impossibile” consapevole di toccare una tematica dal duplice sapore: dolce come l’amore - amaro come l’impossibile.
Questa forte ambivalenza ci pone di fronte ad una domanda:
Gli Amori Impossibili sono una trappola o una crescita?
Poiché almeno una volta nella vita incontriamo un amore impossibile, ognuno di noi avrà un parere diverso a riguardo in quanto ognuno di noi questa esperienza l’ha vissuta in modo diverso.
La mia di risposta è.. “AMBEDUE”, mai in parti uguali ma entrambi gli aspetti vissuti nelle infinite proporzioni che la vita offre.
Ogni amore, sano o impossibile è un mondo a sé esattamente come le due persone che lo vivono.
Ogni amore passa nella nostra vita come un tornado, trasformando paesaggi e strutture e anche noi quindi possiamo , attraverso questa esperienza, ricostruirci e trasformarci in un livello sempre più alto!
A volte per crescere bisogna entrare in una trappola, comprendere quali le nostre parti che la sostengono e la nutrono ed imparare ad uscirne apprendendo il più possibile da quella esperienza.
Non è automatico né semplice; anzi è complicato, spesso doloroso e necessita di molta forza di volontà per perseguire con decisione il nostro obiettivo, quello di… ESSERE CONSAPEVOLI E LIBERI DI GESTIRE IL CONDIZIONAMENTO!!
QUALI SONO GLI AMORI IMPOSSIBILI?
Da tempo immemore le storie di amori travagliati riempiono la nostra immaginazione, nutrito la letteratura, l’arte e la musica.
Dopo Romeo e Giulietta le fiabe tradizionali le telenovelas e persino i cartoni animati sono pieni di esempi di amore che potremmo ricordare e citare e tutto ciò ha contribuito all’idea del “vissero per sempre felici e contenti”, facendoci credere che l’amore vince sempre su tutto!!
Ma la realtà non è questa!
Alcuni amori vanno semplicemente lasciati andare perché non vale la pena lottare per essi; a volte è meglio rinunciare a ciò che è irraggiungibile o che ci può fare davvero molto male!
Sono impossibili quegli amori che per loro natura sono incastrati in un’ostacolo che li rende non vivibili o impossibilitati a realizzarsi concretamente in un futuro.
Ma se questa condizione non li rende apparentemente “malati” in prima istanza o nell’immediato inizio, la stessa condizione li può trasformare nel breve tempo in una forma di “malattia”.
Amori a distanza, amori virtuali, relazioni extraconiugali, amori omosessuali, oppure tra una persona sposata e una single, amori tra persone con un divario di età notevole o con una condizione sociale estremamente diversa; amori tra due persone con le stesse strutture caratteriali e gli stessi bisogni dove uno dei due fa resistenza ma l’altro continua ad insistere, amori tra dipendenti affettivi dove un crocerossino-crocerossina tende ad amare o salvare un dipendente di vario genere che imbrigliato nel suo problema non fa altro che rendere il “salvatore-amante” impotente, quindi rifiutarlo. Potremmo seguitare un bel po’ in questo elenco!
Ma allora perché non riusciamo a rinunciare a questa attrazione fatale? Per quella “legge del piacere” che ci porta a desiderare ciò che è più vietato oppure per l’eccitazione che la sfida ci dà? Semplicemente perché riceviamo attenzioni e il bisogno di qualcuno è primario e quindi per dipendenza affettiva?
Più l’amore è difficile da vivere più è desiderabile e quindi passionale.
La moglie di un altro o il marito di un’altra possono esseri oggetti molto desiderabili proprio per questa triangolazione; come una donna algida mette alla prova tutta la capacità di conquista di un uomo, così un uomo narciso e distaccato solletica la donna insicura che vuole ad ogni costo averlo per sé.
Non tutti hanno il buon senso di fermarsi e cercare altrove e quindi il gioco del “bello e impossibile” inizia. Spesso la cosa che ci lega a questo sentimento è la scossa di adrenalina provocata dalla sfida dove troviamo anche qualcosa “di dolce” che ci dice che quella cosa che sta nascendo vale la pena viverla fino in fondo.
Spesso sono amori sbagliati, non sani che come dicevamo ci daranno del dolore; ma, per fortuna, anche in questo, c’è la sempre l’eccezione che fa la regola.
Del resto siamo qui per lavorare sulla Consapevolezza. Analizzare insieme lo schema della “relazione-trappola”, comprendere ciò che ci sta accadendo o ci è accaduto per trasformare questa esperienza in una forte opportunità di crescita.
Vediamo in cosa consiste la trappola:
Parliamo di “copioni” quando un comportamento è recidivo e segue uno schema prefissato. Scegliamo “persone sbagliate” che non potranno soddisfare i nostri bisogni; le scegliamo con quelle caratteristiche citate sopra, siamo attratte da loro e crediamo che ci renderanno felici, ma senza accorgerci agiamo così per un condizionamento profondo: una paura inconscia di legarsi, di donarsi all’altro.
Uno schema infantile di amore narcisistico porta il protagonista a cercare emozioni nuove, evitando il legame e allontanandosi da quell’amore reale adulto e duraturo che prevede impegno e progetto.
Questi protagonisti, uomini o donne che siano, collezionano amori di una durata limitata per un bisogno egocentrico di continua ricerca di emozioni e di piacere. In genere lasciano una scia di “vittime” e tendono ad abbandonare quindi, quando sentono venir meno il piacere convincendosi spesso di “non essere stati amati abbastanza”. Prediligono relazioni parallele con la conseguenza che quando “abbandoneranno” non rimarranno mai soli.
Questo profilo può risultare antipatico, il conquistatore narciso lo è….ma per molti partner che si incastrano in questo gioco in realtà è molto affascinante.
Dobbiamo ricordarci che dietro una personalità narcisistica c’è una persona che soffre o nega il proprio dolore. L’altro protagonista della relazione ha lo stesso bisogno, la stessa negazione, come su una scacchiera entrambi cercano mosse vincenti all’interno di un gioco perdente in partenza.
In una intervista di Raffaella de Santis a Z. Bauman, alla domanda:
Cos'è che ci spinge a cercare sempre nuove storie? Z. Bauman risponde
"Il bisogno di amare ed essere amati, in una continua ricerca di appagamento, senza essere mai sicuri di essere stati soddisfatti abbastanza. L'amore liquido è proprio questo: un amore diviso tra il desiderio di emozioni e la paura del legame".
Sulle relazioni virtuali appunto nel 2003 il famoso sociologo Z. Bauman conia questo termine, “amore liquido” fa una analisi del cambiamento della nostra società dove la legge del “tutto e subito” si nutre e cresce nel mondo virtuale, inevitabilmente nel reale.
Ormai salgono al primo posto in classifica gli amori impossibili perché virtuali e non reali. Incredibilmente presenti nella mente e nell’anima di una fascia di persone, potenzialmente molto dolorosi e spesso distruttivi.
La dipendenza da chat è una delle nuove dipendenze.
Un tempo la comunicazione prevedeva che un legame fosse stabilito. Io potevo comunicare tendenzialmente con una persona che conoscevo, tranne rare eccezioni. Oggi la prossimità virtuale separa la comunicazione dalla relazione. Non c’è relazione prima della comunicazione, né è necessario averla dopo.
“Essere connessi” è meno costoso che “essere sentimentalmente impegnati”, non si costruisce un legame e ci disimpegna con un clic.
Z. Bauman ci spiega che l’imprinting che la nostra società lascia è un allettante promessa che si può avere tutto senza lavoro senza sforzo e sacrificio. Ma l’amore non si compra in un negozio, necessita di impegno tempo e dedizione. L’amore unico ed esclusivo prevede coraggio e tanto impegno.
Quando ciò che ci circonda diventa incerto, ci illudiamo di “avere tante seconde scelte” che ci compensano la sofferenza della precarietà di ciò che in quel momento viviamo. Il parallelismo relazionale come “boa di salvataggio” contro l’angoscia.
Queste riflessioni generali e profonde sulla qualità dell’amore nel nostro momento storico, evidenzia come la legge del TUTTO E SUBITO ha permeato la nostra società. Diviene linfa vitale per gli amori Impossibili, malati e per gli “ amori liquidi”.
Questi rapporti impossibili trascinano con sè un uso quasi inevitabile di bugie, omissioni o parziali verità inserite nel rapporto come un tentativo bonario per eliminare le complicazioni oppure usate per una mancanza di coraggio o di autenticità.
Ma oggi, nella nuova era dei social come Whatsapp o Facebook, è molto più facile essere scoperti per un evidente uso maldestro di questi o altri mezzi mediatici, creando così una ulteriore tensione e a volte veri e propri disastri.
Ricorre spesso in terapia il fenomeno della falsa identità: In questa gioco di immagine di se non vera, vendiamo il meglio di noi, ci costruiamo un fotografia di noi stessi ideale da utilizzare in una relazione virtuale ma non solo, sicuramente per soddisfare un bisogno di conquista e di amore.
Ma tutto ciò con quale risultato?
Quindi avrò sì ottenuto amore o riconoscimento ma attraverso una menzogna che richiede energie per essere mantenuta ma che alla fine non mi appagherà perché non sono stato accettato, amato per ciò che sono veramente!
Questa diviene una ottima motivazione per un altro giro di conquiste!
Esempio comune di Amore impossibile è l’incontro di due persone sposate. Fuori dalle loro rispettive coppie iniziano una relazione dove spesso si innamorano, come dice Alberoni, per un “accumulo depressivo”, una ferita pregressa che ha creato un disagio nella relazione ufficiale.
In psicoterapia spesso si riscontra che Le persone interessate a questo fenomeno cercano un amore diverso o più amore di quello che hanno già, solo per un bisogno personale. Cioè che la coppia ufficiale è non sempre risulta essere un fallimento a ben vedere.
Se c’è uno schema antico che tendiamo a ripetere, “un copione”, siamo portatori di una FAME D’AMORE che rischiamo di investire su una persona sbagliata.
Il nuovo amore viene idealizzato e vissuto come la soluzione di tutti i mali, ma la delusione è dietro l’angolo.
Vari anni fa un autore molto letto fu P. Schellembaum, famoso per aver scritto “La ferita dei non amati”, si interessò a questi cosiddetti -giochi di non amore- trappole e copioni. In sintesi “la ferita” rappresenta quella condizione iniziale di mancanza di amore e scarso riconoscimento che ci porta continuamente alla ricerca di riempimento e cura per sanare quel danno iniziale senza mai riuscire a colmare la lacuna.
Nella descrizione di alcuni copioni Schellembaum evidenzia che dopo il benessere iniziale dato dall’idealizzazione dell’amato, lo scopo del soggetto è trovargli il difetto, l’errore, le mancanze che l’amato ha rispetto all’ideale immaginario. Questa ricerca, proprio per l’antitesi ideale-reale, ci conduce inevitabilmente a non trovare ciò che stiamo cercando colpevolizzando ingiustamente il nostro “amato” fino al punto di aggredirlo o abbandonarlo.
Il copione “ancora una volta l’uomo sbagliato” prevede la protagonista profondamente innamorata che inizia a collezionare delusioni sulle proprie aspettative fino a provare rancore e punire l’uomo con l’abbandono! Chiaramente può essere anche un copione maschile.
Quindi in questo palcoscenico dell’Amore Impossibile il protagonista vero è il nostro Bambino interiore nevrotico e vendicativo! Il bambino in noi porta con se quella memoria legata ai primi legami con le figure genitoriali o loro sostituti. Legami che non si sono radicati a sufficienza, che hanno prodotto un trauma.
Prendiamo Il copione “non sono adeguata e per questo non mi ami abbastanza”.
Una donna che si sente non amata tende ad attribuirsi la responsabilità della mancanza di amore; entra in un senso di colpa che proviene dalle radici antiche di una l’educazione subita; si sente sbagliata. Questo stato di cose e il disagio che ne deriva fanno si che lei entri in uno stato interiore in cui tende a compiacere l’altro annullando i propri bisogni, si mette a confronto con altre figure femminili comprese ex amanti, mogli e fidanzate chiedendosi ossessivamente “ cosa ha l’altra che io non ho….”. Così facendo insegue e pretende le attenzioni del partner collezionando spesso solo delusioni che sfociano in un malessere continuo che si ripete e nella colpevolizzazione dell’amato. Si può passare con grande facilità dal dolore al rancore e dalla rabbia alla vendetta.
Chiaramente queste dinamiche sono presenti in ogni coppia quindi sia tra conviventi di una coppia reale sia tra amanti in una relazione impossibile. Ma nell’amore impossibile, quello nascosto, rubato, il tutto prende dei colori molto più accesi con toni e tinte a volte molto forti.
LO SCOPO FINALE DI QUESTI GIOCHI DI NON AMORE E’ L’ODIO
In molti casi si collezionano amori scaturiti da “sindrome del Don Giovanni” che poi vengono abbandonati per poi ricercare altri con la stessa modalità, una nuova conquista amorosa da collezionare entrando in un gioco senza fine chiamato “coazione a ripetere”.
In altri “giochi di non amore” la chiusura finale non c’è, non arriva mai.
I due protagonisti non riescono a lasciarsi innescando un distruttivo e a volte lunghissimo stillicidio emozionale.
Nel primo caso, nella “Sindrome del Don Giovanni”, il termine corretto che identifica meglio tale condizione è “dipendenza sessuale” poiché la pulsione sessuale è la compulsione predominante.
Personalmente credo che dietro la conquista sessuale sia di uomini che di donne si nasconda un bisogno di conferma che include un coinvolgimento globale, sesso cuore e anima, anche se le singole parti sono vissute con pesi e importanze diverse.
Comunque, sia nell’abbandono-fuga che nella ricerca compulsiva che rasenta lo stalking, l’impulso finale è sempre di “colpire e odiare”.
Avendo quindi questo sentimento antico da scontare e agire, possiamo comprendere facilmente il motivo che alimenta questa perseveranza a mantenere in vita questi amori che per loro natura non portano benessere e appagamento.
Li manteniamo in vita perché abbiamo bisogno di un oggetto da odiare, un bersaglio da colpire.
Una lettura diversa della stessa tematica che secondo me non esclude ma completa la dinamica precedente, punta sulla “dipendenza affettiva”.
E’ negli anni 80 che si introduce questo termine, appunto quello di dipendenza affettiva.
Attualmente Nicola Ghezzani nei suoi libri specifica quanto noi tutti siamo dipendenti affettivi e come tale dipendenza è sempre più presente non solo tra le donne ma anche e forse sempre di più tra gli uomini. Chiaramente la dipendenza può attivare un copione perverso di comportamento che assume varie sfumature di patologia.
La caratteristica principale del “dipendente affettivo” è un drammatico e ossessivo desiderio amoroso. Un oscillazione perenne tra illusione e delusione, tra passione e disperazione.
Ghezzani distingue tre fasi:
LA SOTTOMISSIONE: compiacenza e non ascolto dei propri veri sentimenti, ANGOSCIA: nel non essere corrisposto vive il dolore del rifiuto, si colpevolizza si annienta ma non si rassegna. RIVENDICAZIONE: pervaso dall’angoscia di annientamento relativa al rifiuto, indirizza la sua disperazione e la rabbia traducendosi in una volontà di controllo.
I DIPENDENTE AFFETTIVO “ESIGE DI ESSERE AMATO”. Mentre chi ama veramente accetta la posizione esistenziale dell’altro, vuole il suo bene e se lo vede allontanarsi proverà ovviamente dolore, ma accetterà, anche se con difficoltà, questa condizione.
Un copione che rappresenta la Dipendenza affettiva, è stato descritto sopra:
“non mi ami perché sono inadeguata”, oppure “amami come io ti amo”, dove l’annullamento di se è ben evidente.
Vediamo quali sono i FATTORI PREDISPONENTI comuni alla dipendenza affettiva e quindi agli amori impossibili:
COME USCIRE DALLA TRAPPOLA
Una volta iniziato, l’amore impossibile diventa attraente, dà dipendenza come fosse una droga e se non siamo stati capaci di fermarci prima che i nostri sistemi fisiologici si mettano in moto, il nostro cervello riprodurrà le stesse sensazioni di benessere, gli stessi stimoli piacevoli che danno il cibo, il sesso e lo stesso Internet.
Possiamo affermare che queste diverse dipendenze hanno un comune effetto cerebrale: il rilascio di oppioidi ed in particolare di dopamina che funziona come segnale e fissatore dei ricordi: «questo stimolo mi piace, devo ricordarmelo»…..si innesca un comportamento di ricerca e di compulsione” (C. Venturini)
Per rompere questi meccanismi dobbiamo ricordarci che gli Amori sani, sono leggeri reali, non portano dubbi e lacrime. Sarà difficile e faticoso allontanarsi da questa “droga di amore” ma occupandoci di noi stessi possiamo procedere per una disintossicazione!
Quindi il nostro impegno primario ora è quello di aumentare il nostro livello di CONSAPEVOLEZZA:
Se osserviamo i vari copioni possiamo riassumere: che gli amori impossibili sono carenti di Intimità e di Impegno. Se vogliamo concentrarci sull’amore sano dobbiamo essere consapevoli che:
L’autenticità porta alla relazione con reciprocità e impegno.
La menzogna si lega alla Paura del Legame.
Se ci riconosciamo nei “giochi di non amore” dove lo scopo finale è scaricare l’odio, il rancore e la rabbia….con tutto il dolore che alimenta questi sentimenti. Dobbiamo, probabilmente attraverso un aiuto professionale, lavorare su questa ferita antica.
Non possiamo amare nessuno se non ci perdoniamo l’odio che ci portiamo dentro. Dobbiamo perdonarci per amare.
Guardiamo in noi stessi
Nicola Ghezzani ci aiuta ad utilizzare le domande che lui stesso applica in seduta alle donne sconfortate dall’amore che vivono. Semplici domande improntate sulla verità e la reciprocità, ne vediamo alcune.
Domanda sulla verità: Guardati dentro e chiediti cosa trovi in lui di veramente speciale, quali qualità possiede che non si può fare a meno di amare?
Domanda sulla reciprocità: “ora guarda dentro di lui e dimmi, quali qualità lui vede in te, così meravigliose che non si può fare a meno di amare?”
Domandati “quale ideale di coppia persegui? Se sposi un ideale di coppia, che lui non condivide. Cosa costruisci ?
La dipendente affettiva serve un codice morale “io esigo che lui mi ami, perché solo se lui mi ama mi sento degna ”……ma questo sistema ha portato solo servitù, umiliazione, sofferenza e non va più seguito. (liberamente tratto da Amori impossibili- Nicola Ghezzani)
La crescita è proprio su questo punto. Non alimentando ancora l’odio e il rancore mi perdono perdonando l’altro.
AMARSI PER POTER AMARE ED ESSERE AMATO
Questo il nuovo codice morale.
Finiamo con una metafora utilissima…..
“Ma tu mi ami?” chiese Alice. “No, non ti amo” rispose il Bianconiglio”
Alice corrugò la fronte e iniziò a sfregarsi le mani nervosamente, come faceva sempre quando era nervosa.
«Ecco, vedi? – disse il Bianconiglio – Ora ti starai chiedendo quale sia la tua colpa, perché non riesci a volerti almeno un po’ di bene, cosa ti renda così imperfetta, frammentata. Proprio per questo non posso amarti. Perché ci saranno dei giorni nei quali sarò stanco, adirato, con la testa tra le nuvole e ti ferirò. Ogni giorno accade di calpestare i sentimenti per noia, sbadataggine, incomprensione. Ma se non ti ami almeno un po’, se non crei una corazza di pura gioia intorno al tuo cuore, i miei deboli dardi si faranno letali e ti distruggeranno. La prima volta che ti ho incontrata ho fatto un patto con me stesso: mi sarei impedito di amarti fino a che non avessi imparato tu per prima a sentirti preziosa per te stessa. Perciò, Alice no, non ti amo. Non posso farlo.»
…..con questo GRAZIE PER L’ATTENZIONE!
Libri di riferimento
Nicola Ghezzani- L’amore impossibile-
Peter Shellembaum – La ferita dei non amati-
Bauman – Amore liquido-
Pubblicazioni sulla dipendenza affettiva A.C. Venturini
“Lui è il classico uomo tutto ‘sesso-droga e rock’n’roll’? Non è un sbandato è solo che non ha ancora trovato la donna giusta, quella che gli fa mettere ‘la testa a posto’. Con me lui sarà diverso!”
“Lui vive più storie contemporaneamente, compresa quella con Te? Non è un donnaiolo… è che fino ad oggi ha incontrato solo donne leggere e prive di valore, che non lo sapevano capire. Con me lui sarà diverso!”
“Lui spende soldi irresponsabilmente ed è pieno di debiti?Poverino deve pur svagarsi. E’ che tutto costa tanto e lo pagano poco. Lo aiuterò a saldare i creditori e ad essere più responsabile. Con me lui sarà diverso!”
“Lui detiene il primato di tutti i più dannosi vizi? E’ solo per compensare il vuoto che ha dentro. Con me lui sarà diverso!”
“Con me lui sarà diverso” è il mantra che recitiamo a noi stesse per giustificare… l’ingiustificabile.
Carissimi Amici, Carissime Amiche, per rispondere alle Vostre innumerevoli email, pervenutemi a seguito dell’intervista con l’Amica – Dott.ssa Viviana Morelli – dal titolo “L’amore con istinto o razionalità?”, pubblicata nella nostra rubrica “Legge di attrazione”, oggi affrontiamo una caratteristica femminile che più o meno coinvolge tutte noi, anzi, oso dire che nessuna ne è totalmente immune: la sindrome della crocerossina.
Un sentimento dolce e forte al tempo stesso, che all’inizio di una storia è molto motivante e, ammettiamolo,autogratificante. Peccato che a lungo andare ne manifesti il reale potere logorante.
“Con me lui sarà diverso”, implica il recondito e malcelato obiettivo di volere cambiare una persona… Siamo sicure di essere nel giusto? Seppure animate dal migliore dei sentimenti, dobbiamo prendere atto che non amiamo e non rispettiamo colui che, ritenendo di amare, diviene la proiezione dei nostri desideri. (vedi articolo “Innamorata di te o dell’idea di te”, pubblicato in Legge di Attrazione). Desideri che, se non esauditi, ci inducono alla frustrante considerazione “è un bastardo che non mi ama”. In effetti che tale uomo ne detenga tutte le caratteristiche –del bastardo- non è una novità, l’abbiamo conosciuto e per qualche motivo ne siamo rimaste affascinate… ma, ora, che abbiamo ben compreso non essere il tipo di persona che desideriamo al nostro fianco, perché ci ostiniamo nel volerlo “redimere” a tutti i costi anziché lasciarlo al suo destino? Perché inseguire un uomo ed un rapporto che mostrano chiaramente i segnali di rivelarsi, nella più rosea delle ipotesi, inappaganti, ma con alto potenziale di lacerazione sino all’autodistruzione?
Credo che amare significhi accettare l’altro per quello che è. Purtroppo la tendenza è, viceversa, scambiare per amore i prodromi, ossia l’attrazione e l’innamoramento. Un atteggiamento mentale che, più o meno consciamente, ma con superficialità ed incoerenza, esprime “ti amo, ma… per amore mio, devi cambiare”!! Perdonatemi se non mi esimo dall’esprimere un’opinione con annessa una domanda provocatoria: “pretenziosa la Signora, ma con quale diritto si arroga tale richiesta?”.
Ben diverso, legittimo e costruttivo è instaurare, in fase conoscitiva, un dialogo amorevole, scevro da accuse personali – nel caso, rivolte esclusivamente ai comportamenti- concentrato sulla compenetrazione delle diversità individuali, orientato alla sintonia di coppia, quella coppia che desideriamo essere in divenire.
A tale proposito, nell’intervista allegata, la Dott.ssa Viviana Morelli, ci illustra la dinamica di questo atteggiamento definito“Sindrome della crocerossina”.
Daniela Cavallini
Carissimi Amici, Carissime Amiche, nella nostra rubrica “Legge di Attrazione” ho parlato spesso di innamoramento, invaghimento virtuale e non, di amore e, ahimè, anche di amore malato, dunque pericoloso.
Carissimi Amici e carissime Amiche, la mia casella di posta elettronica è giunta al collasso per le vostre numerosissime richieste di consigli. Il tema dell’amore è quello che manifesta maggiore ed incessante necessità di approfondimento, coinvolge donne e uomini di tutte le età, dall’adolescenza alla maturità, democraticamente, senza distinzione di classe sociale.
Grazie di cuore per l’attenzione e la fiducia che mi manifestate, ne traggo grande stimolo per offrirvi sempre il meglio di me, attraverso la trattazione di argomenti che sono felice di constatare, esortano riflessioni atte al benessere interiore.
La legge di attrazione afferma che con i nostri pensieri creiamo la nostra realtà e rafforziamo le nostre credenze, attraendo eventi e persone coerentemente in risonanza con il nostro stato d’animo. E’ tuttavia utile ricordare che le nostre credenze, hanno origine da “somministrazioni esterne”, ovvero da parte delle figure genitoriali e di riferimento a partire dalla vita intrauterina e, conseguentemente, influenzano i nostri “nuovi” pensieri. Un processo ben delineato da E. Bern nella trattazione del copione della vita.
Tutti noi, durante la nostra crescita, assimiliamo e consolidiamo le credenze dell’ambiente circostante e, queste, nel bene e/o nel male condizionano i nostri pensieri, i nostri valori… la nostra vita.
Fra le nostre credenze, siano esse attribuibili ad inculcamento o derivanti da nostri pensieri, formulati autonomamente, seppure in relazione all’imprinting ricevuto, quella a maggiore rischio condizionamento riguarda la percezione del nostro valore personale: esso costituisce il coefficiente dell’ autostima. Dall’autostima deriva il livello dei limitiche ci autoponiamo, pertanto esso è il modulatore della nostra audacia o codardia, ossia gli artefici dei nostri risultati in ogni sfera della vita.
Mi sembra di sentirvi: Daniela, non dovevamo parlare delle delusioni che interpretiamo imputabili al disamore? Certo che sì! E, Il preambolo non è casuale.
Una persona con scarsa autostima è convinta di valere e meritare “poco” in assoluto e, pertanto, considera l’amore alla stregua di qualcosa a lei negato perché si ritiene essa stessa… “poco”. Non si reputa all’altezza della considerazione della persona desiderata. Soffre, implode frustrazione ed esplode rabbia. Nell’esplosione riscontra spesso la conferma della negazione dell’ambìto amore e, questo, per qualche minuto sortisce l’effetto anestetico “dell’avere ragione…”.
Per ricevere amore è essenziale amare noi stessi, nella convinzione che l’amore è un diritto Universale, a prescindere dalla forma in cui si rappresenta. Credere di meritare amore e attenzioni esorta in noi uno stato d’animo attraente.Nulla respinge l’amore come la convinzione di non esserne degni.
Oggi, sono nuovamente con me la Dott.ssa Viviana Morelli e il Dott. Nicola Ghezzani, che ringrazio per la loro gentile disponibilità ad affrontare uno degli aspetti che, più di altri, è causa di delusioni e lamentele: la mancanza di amorevoli attenzioni da parte del partner, spesso confusa con la mancanza d’amore. Una problematica di coppia prevalentemente sofferta da “lei” e sottovalutata da “lui”. Stimolante il confronto fra i due noti Psicoterapeuti, sia dal punto di vista clinico che personale.
-Daniela Cavallini-
DI SEGUITO L'INTERVISTA:
Clicca qui per leggere l'intervista.
RISORSE
Poesia di Alicia |
Scultura in marmo di MATTEO FABEN |
Abbiamo sempre due sedie dentro di noi.....
teniamo sempre un pacco di caffè in più nella dispensa,
a volte compriamo più di una matita
e abbiamo la scorta di fazzolettini di carta....
abbiamo paura di ritrovarci senza le cose,
senza la connessione internet,
senza il pane fresco,
senza una lampadina di scorta,
senza batteria del telefono.
ma avete mai provato a impoverire le vostre risorse umane?
mettervi alla prova e saggiare la vostra resistenza?
Io ho simulato un deserto nella mia casa,
un giaciglio scomodo e un silenzio assordante,
una dispensa vuota e un buio inquietante,
dopo un po' gli occhi si abituano al buio e nulla è davvero scuro,
nella fame repressa e nelle voglie taciute,
le risorse interiori sbocciano come margheritine d'estate,
e il silenzio ti insegna sempre qualcosa.
E' quando diciamo che non ci riusciamo...
non ce la facciamo....
che stiamo partecipando al gioco della bugia più grande del nostro essere.
Noi siamo più forti di quel che pensiamo,
ma siamo inconsapevoli di quanta roba resistente c'è dentro noi,
ci fossilizziamo senza neanche provare a reagire,
eppure siamo quelli che creano l'arte, l'architettura, la scienza,
siamo quelli che costruiamo vivai, strumenti musicali, chiese, case,
e poi a volte basta un po' di vento e cadiamo giù come frutta matura,
e restiamo lì fermi sulla terra,
aspettando che le formiche e gli uccellini ci mangino,
stare lì e piangere e dire che non abbiamo speranza....
quando poi se ci ricordassimo della nostra voce,
potremmo urlare con gran forza e dire al contadino....
"Ehi...son qui....son pronto....esisto.....valgo....ci sono!"
L'ABBRACCIO
Poesia di Alicia |
"Abbraccio part" Scultura di Sara Bonetti |
L'abbraccio
è un gesto castigato dal tempo.
Quanto dura un abbraccio?
Dieci secondi,
un minuto...
invece dovrebbe durare per il tempo del bisogno.
A volte lo si interrompe
solo perchè si pensa che non sta bene restare attaccati a lungo,
e invece quel freddo riscaldato,
dopo pochi attimi
è di nuovo a gelare.
L'abbraccio
è una coperta che scalda dal freddo,
un dire silenzioso,
un fare discreto,
un incrocio di tatto
dove muoiono i pregiudizi,
i rigori,
le tensioni.
L'abbraccio tace i crucci della mente,
è un esile lacrimare senza piangere,
un urlo ai No
un sussurro ai Si,
un dissolvere i perché della ragione più ossessionata.
L'abbraccio è il boicottaggio dell'orgoglio,
dell'avversione,
dell'autocontrollo.
E' il cibo del digiuno,
la luce del buio,
il riempimento del vuoto.
Un insieme in carne ed ossa
fatto del contorno di un emozione.
L'abbraccio è la poesia scritta a quattro mani,
a quattro braccia,
un nido sicuro dove trova compagnia
la stanza disabitata del cuore,
la fiacchezza che si muta in energia,
la condivisone di uno stato d'animo impoverito,
la facoltà di stringere i dolori dell'altro
in una funzionale morsa sgonfiabile.
L'abbraccio
è anche quello elargito con una parola gentile,
una cerniera che si apre alla chiusura
di chi non è più abituato alla considerazione,
un sollievo morale che prende la forma di due braccia aperte,
un amaca posta tra due alberi
sul quale dondolare rigenerati
e felici di lasciarsi andare . (Alicia)
I NO
Poesia di Alicia |
Solo con i "NO"
riesco a rompere le mie catene.
Un NO è la prevenzione della violenza,
con un NO si innesca una guerra,
ma se persisto con la negazione
la vinco.
Un NO è un dolce aroma sulla punta della lingua,
è dare voce ai tanti SI interiori,
con un NO regalo aria alla mia libertà,
infliggo ergastolo alla distorta abitudine del SI.
I "NO" son figli del coraggio
e fratelli della stanchezza.
Quando ho attaccato tanti NO
per tutta la mia casa,
ho convissuto per due settimane
con un mutismo urlante,
poi ho seguitato a ricordarlo al corpo,
l'ho scritto sulla pelle che si colorava di rosso,
e solo dopo un po'
ho accolto i NO dentro di me.
Ora so dirlo....ora ho imparato a farlo,
non mi preoccupa più l'udito e i pensieri di chi lo riceve,
non mi importa di apparire imperfetta,
mi preoccupo di me,
devo dire NO quando la mia voce interiore vuole farlo,
devo farlo per forza
altrimenti le catene rosicheranno di nuovo le mie mani,
altrimenti mi farò del male,
e penso che sia mai troppo tardi per dare bellezza ai propri NO,
non v'è peccato in questa parola,
non v'è malattia, anzi....
forse sin troppi SI .....dovrebbero andarsene in terapia.
IL DOTTORE DELL'ANIMA
Poesia di Alicia
L'abbraccio di uno psicologo prim' ancora che diventi tatto,
è il girovagare nell'anima del paziente,
un viaggio cauto e sommesso
nell'adagio cammino verso il disordine delle cose cadute.
Il dottore dell'anima si piega per raccogliere da terra
quello che il paziente ha buttato via,
si flette per agguantare ogni briciola abbandonata nelle vie della mente,
si preoccupa di fomentare le riflessioni,
di accendere le luci,
di arieggiare le stanze chiuse.
Il percorso psicoterapeutico non dovrà mai sconvolgere l'equilibrio ballerino,
mai potrà manipolare la fragilità di una mente in difficoltà,
le incoerenze passeggere,
un VERO dottore non rimprovererà mai a un paziente le sue paure,
il suo smarrimento,
il suo disordine.
Non giocherà mai con la mente di chi sta affannandosi a ritrovarsi.
L'abbraccio di uno psicologo prim' ancora che diventi tatto,
è spogliarsi della presunzione,
della bugia,
dell'inganno,
è allearsi con chi ha disagi veri,
di chi non è alla pari in quel momento di vita,
poichè non c'è parità tra dottore e paziente,
chi bussa alla porta della psicoterapia ha bisogno di aiuto,
e uno specialista VERO
deve accogliere ogni buio per ricolorarlo di luce,
deve abbracciare con le braccia della verità,
della competenza,
non truffando la vulnerabilità,
non inquinando il mondo deontologico dei veri professionisti.
L'abbraccio di uno psicologo prim' ancora che diventi tatto,
è smascherare la disonestà,
prendersi cura dei dolori altrui senza adulterati scopi,
fini ambigui.
La motivazione intenzionale di questo mio dire e poetare in fondo,
è raccomandare la gente comune alla prudenza,
di controllare nell'Albo Nazionale dell'Ordine degli Psicologi
chi davvero è un professionista,
e inoltre dire a chi invece non lo è,
di farsi un esame di coscienza e di non sporcare la psicologia,
un mondo delicato ...
un mondo autentico
dove si cammina nell'animo profondo delle persone.
Rabbia Poesia di Alberto Gabrielli
|
Opera di Emanuela Emy D |
Sono la saliva che ti sale in gola, un po’ aspra e acidula; quella che blocca il respiro.
Sono il crampo allo stomaco duro e forte come un pugno; quello che ti fa piegare in due.
Sono il dolore del piede pestato carico di scosse elettriche; quello che ti fa zoppicare.
Sono la fitta nel retto come un ago lungo la spina dorsale.
Sono la frequenza nelle orecchie, un fischio interminabile, un decibell di troppo.
Sono un urlo straziante di dolore, alla perdita di un caro.
Sono la profuga cui hanno tolto la terra.
Sono la bambina il cui piede si è disintegrato sopra una mina.
Sono quella armata fino ai denti per difendermi.
Sono l’acre odore di sudore per la fatica.
Sono la bestia che difende la casa e la famiglia.
Sono la noia e il dolore messi insieme, l’apatia e l’intraprendenza; sono tutte le cose che riesco a fare e anche quelle che no; sono il battere dei tasti su questa tastiera, le virgole e i punti; sono il passo deciso e intenso; sono il pugno chiuso e la mano aperta; sono la rissaiola nell’underground dell’anima; sono contro tutti i poteri; sono quella contro le ingiustizie; sono la doccia fredda che tonifica; sono la sveglia che desta. Sono i desideri cacciati via, la mano legata e il tempo che non passa mai.
Sono io, quella un po repressa, quella cui tutti affermano che è sbagliata, quella da abbandonare come un neonato non voluto, quella che questa cazzo di morale cattolica condanna.
E' vero posso essere sbagliata, posso intervenire nei momenti meno opportuni, ma che ci posso fare? Sono fatta così! Posso provare a nascondermi, posso provare a stare in disparte, posso provare a reprimermi. Ma è inutile perché riesco fuori con tutta la mia violenza. E allora è meglio non incontrarmi. In quei momenti mi vesto decisamente di nero. Già! Per confondermi con il mio volto. Indosso il mio calcio-stivale e percorro in lungo e in largo le strade della metropoli. Bevo a fiumi, tanto la sete non si placa. Cambio locale ogni una o due birre in cerca di fauna rabbiosa come me. Ma in giro solo fichetti da ecstasi e musica disco. Mai un locale che mi trattenga davvero, mai una fauna da Mocambo. Mai un buon sano Blues. Mi dirigo alla ricerca di qualche “palpebra bella” da spellare insieme ad altri miei simili. Con loro posso essere me stessa, esprimere tutte le mie volgarità, amene passioni, le più recondite fantasie, posso violentare ed essere violentata a mia volta, sono la distruzione e la creazione di cio che mi capita innanzi, sono il coraggio e la viltà e cerco… cerco... cerco… nelle road di questa metropoli.
Sono la fedele mazza da baseball in “A Clockwork Orange” o Jack Torrance in “The Shining” o solamente Joker in “Full Metal Jacket”. Abito nella pancia di ognuno e divoro la razio a chiunque, sono l’eterno virus del fegato. E non c’è antidoto o vaccino perché io sfuggo sempre, sono la regina dei labirinti, sono l’ultima matriosca, quella più piccola: l’invisibile. Devo salvare la mia pelle io!!!
Forse penserete che sia unica e un po matta, ma in giro come me ce ne sono tanti. Oggi è una giornata decisamente fredda, sono sola and I feel e mi sfogo su questi tasti. Le mie dita premono con rapidità e decisione quasi con cattiveria o forse solamente con me.
Il mio nome è RABBIA e se non mi sfogo così divento violenta.
Memorie liquide
di Roberta Carnevali
La tua voce è
acqua
che spiaggia sulle orecchie mie
arse dal sole
mai sazie d'inganno di questa implacabile sete
che solo moltiplica
il sale
di tutto il tuo mare.
L'inchiostro di te
sporca la memoria ma
bianca
la tua luce
fende il buio dei miei occhi:
stanze oscure.
Pungente acceca
come riflessi estivi
tagliente beffa
ai neri inverni miei.
Il tuo corpo
si scioglie
alla deriva
nella nebbia del mio pianto.
Superstite il ricordo
di onde calde di respiri senza muro:
ossigeno,
in abitudini di apnea.
Il tuo viso
specchio infranto
mare esploso
in schegge d'onda in faccia al cielo.
Il suono blu delle tue note è
schianto d'acqua:
s'infrange
rimbomba
nell'eco dei miei giorni:
stanze vuote.
Per un solo momento
di Laura Piacentini- tratto da "scrosci di parole senza tempo"
Siamo sospesi nella vita per un solo momento
in un tempo senza tempo
e
mentre ruotiamo nello spazio infinito,
siamo alla perenne ricerca
di quell'eterno che mai sarà
assaggiando quell'istante in cui siamo
e vibrando per quel che non saremo più.
L'eternità è il nostro attimo
poi con noi sparirà.
LOTTERO'
di Laura Piacentini - tratto da "scrosci di parole senza tempo"
per accorgermi di avere tutto per me,
un altro giorno da vivere,
sotto il caldo ed infuocato sole
seguito poi dal buio della notte
con la sua luna d'argento.
Di certo sarà
un anno che non dimenticherò mai.
L'INCONTRO: L'ANIMA RITROVATA di Viviana MORELLI (1990) Nel momento di unione tra la notte e il giorno momento senza tempo, contatto con una dimensione interiore, il corpo perde i suoi confini e contatta il dolore dell’incontro. Entra in una dimensione senza prospettive dove i materiali si fondono alle immagini, vicino è uguale a lontano e la luce nasce dal buio.
Incontrare è come costruire. Incontrare è perdersi nell’altro per ritrovarsi, è scoprire l’energia, il calore e l’amore che supera i confini del corpo. Ritrovare l’anima è come specchiarsi nell’altro, uscire da se per ritrovarsi in Lui, scoprire che non c’è nessuna differenza tra dentro e fuori, è tutt’uno.
Incontrare è distruggere un’immagine per scoprirne un’altra, è lasciare che un idea ti cresca dentro, che viva in te, che respiri con te, che ami con te. Distruggere è come costruire Smascherarsi è come morire, e morire e vivere è tutt’uno. Incontrare è scoprire l’infinito nel palmo della mano, ritrovare l’eternità in un momento.
Le realtà sono tante e frammentate, rispecchiano tante verità, forme e colori, e se dire vita equivale a dire morte, l’anima non appartiene né a l’una né all’altra: è solo unicamente la tua anima. |
IL MONDO FEMMINILE E MASCHILE A CONFRONTO Tra amori e conflitti una lettura psico-antropologica Dr.ssa Viviana Morelli psicologa-psicoterapeuta “INCONTRI DEL SABATO” 28 gennaio 2012 (sintesi delle slide in power point….e un ringraziamento agli autori citati nell’articolo, senza i loro spunti non avrei potuto animare l’incontro) Prendere la decisione di trattare questo argomento non è stato facile, poiché è vasto e complicato e può essere letto da varie angolazioni, crea anche molte aspettative e suscita atteggiamenti polemici solo ad enunciare il titolo. Per non confondere il nostro studio con canale 5 vi comunico l’impronta che voglio dare a questo mio intervento. In uno studio di psicologia quello che trattiamo costantemente riguardante il maschile e il femminile è il conflitto, spesso la coppia che elabora e si mette in discussione lo supera ed evolve verso nuovi progetti, a volte non accade ciò e si lavora per una separazione non distruttiva. Ma qui e fuori di qui c’è tanto altro, anche tanta capacità di incontro di superamento, di rispetto delle differenze. Ecco :le differenze. Conoscere le nostre differenze ed imparare a rispettarle o tollerarle è l’obiettivo di stasera. La psicologia e l’antropologia come scienze ci aiutano a conoscere lo sviluppo dell’essere umano nella sua evoluzione fisica, psicologica e culturale e anche nella specificità del genere maschile e femminile. Chiaramente non ci addentriamo nelle differenze geografiche, ma rimarremo legati al nostro territorio tranne qualche breve accenno che sarà necessario per spiegare qualche concetto. L’arte di entrare in empatia e sintonia con l’altro sesso si apprende attraverso la conoscenza, il miglioramento della comunicazione. Soprattutto questo diventa facile quando stiamo bene con noi stessi, quando abbiamo consapevolezza di noi e dei nostri vuoti. Come psicoterapeuta sono convinta che la maggior parte delle crisi di coppia, o di difficoltà a trovare una persona “giusta” nasce da problematiche personali non risolte. Se ogni persona fosse più integrata e in sintonia con se stessa, il dialogo con il “tu” e soprattutto dell’altro sesso diviene più lineare. 1 Comunque quando un conflitto è in corso, il malessere non ci aiuta a distinguere i vissuti dalla realtà, cioè quello che è una differenza dell’altro viene spesso percepito come un rifiuto, una incompatibilità caratteriale, un agito contro di noi. Se facciamo chiarezza sulle differenze dei sessi ci aiutiamo a ridimensionare il conflitto che stiamo vivendo, magari trovando un canale diverso di incontro. Facciamo un esempio, aiutati dall’antropologia culturale sappiamo che la prossemica dei popoli arabi è molto diversa dalla nostra. Un arabo ha un “cuscinetto sociale” molto più ravvicinato del nostro, nella comunicazione anche non intima ma sociale si avvicina molto all’interlocutore, tanto che un italiano si sentirebbe a disagio, figuriamoci uno svedese! Questa è una differenza, non possiamo pensare che l’arabo sia scortese o invadente, per lui è il massimo della cortesia, se tu ti allontani si offende. Conoscere queste caratteristiche ci permette di non entrare in equivoco e in dinamica negativa. Nel mondo maschile e in quello femminile possiamo trovare molteplici esempi simili, differenti caratteristiche evolutive che ci permettono di capite che l’altro “è strutturato così” ma “non c’è l’ha con noi!”. Iniziamo col dire che gli scienziati negli anni novanta hanno dimostrato quanto il comportamento umano è determinato dalla chimica, dalla fisiologia dagli ormoni, non siamo solo il risultato di un ambiente esterno e di un imprinting affettivo relazionale. Uomini e donne sono diversi perché il nostro cervello si è evoluto in modo diverso. L’individuo nascerebbe già dotato di un software cerebrale. Quindi il cervello maschile è diverso da quello femminile, si sono evoluti diversamente dalla preistoria ad oggi, tramandando fino a noi modifiche biologiche e fisiologiche frutto di adattamenti e accomodamenti dei ruoli maschili e femminili. I due sessi sono inclini a comportarsi in maniera diversa, autori conosciuti nella psicologia divulgativa come i coniugi Allan e Barbara Pease, John Gray e altri che si rifanno anche alla sociobiologia, cioè la relazione tra il comportamento umano la genetica e l’evoluzione. Devo usare necessariamente degli esempi splendidi che De Martino fa nel suo libro: perché GLI UOMINI SONO STRONZI E LE DONNE ROMPICOGLIONI, dare questi appellativi all’altro sesso con tutta l’enfasi emotiva da mal di stomaco è come identificarsi con quel bambino in noi che davanti al bagnasciuga punta il dito al mare e arrabbiato incita a smettere di fare le onde. Non possiamo fermare la natura…..dobbiamo imparare ad accettare le differenze senza stare male! 2 L’antropologia ci ha spiegato come per sopravvivere nella preistoria, uomo e donna hanno dovuto dividere chiaramente i propri ruoli, e per questo specializzarsi ed evolversi diversamente. All’uomo veniva chiesto unicamente di cacciare, di uccidere animali feroci e pericolosi per la sua specie, la sopravvivenza della famiglia dipendeva da lui. L’orientamento maschile si sviluppa da qui, non perdersi, seguire le tracce… mirare e colpire con forza un animale…nessuno si aspettava da lui che pulisse la caverna o lavasse i bambini. I sopravvissuti in ambienti così ostili hanno trasmesso geneticamente le loro capacità, anche come modello comportamentale ai propri figli. La donna preistorica aveva il dono magico della maternità, doveva avere mille occhi per osservare bimbi e adulti nella tribù, cucinare controllare…..relazionarsi con altre donne (se ci vogliamo leggere una complicità femminile) otteneva stima e ammirazione per questo…. Da allora la donna ha sviluppato quel “sesto senso” particolare che la rende percettiva allo stato d’animo delle persone, lei interpreta i segnali non verbali che uomini non vedono o percepiscono. Il neuropsicologo Roben Gun ha dimostrato che il cervello maschile in stato di quiescenza ha un attività cerebrale ridotta del 70% mentre una donna rimane attiva al 90%. Le donne captano più segnali e quindi conoscono molti più dettagli del comportamento altrui. La percezione delle donne è diversa perché la fisiologia visiva cambia da uomo a donna, la donna ha una maggiore varietà di coni sulla retina visiva e una vista più periferica ed ampia di quella degli uomini. Statisticamente le donne hanno meno incidenti agli incroci perché la vista maggiormente periferica le aiuta, forse anche perché sono più prudenti-timorose?, se un uomo perde un oggetto nell’armadio o nel frigo la donna entra in soccorso e lo trova……..però in quanto a parcheggi la difficoltà femminile è evidente. Il sesto senso femminile quindi non è altro che una maggiore capacità di leggere il linguaggio del corpo, percepire sensazioni ed emozioni attraverso segnali……è più abile a decifrare segnali meta comunicati e ad integrarli con il verbale, passando più velocemente da un emisfero all’altro. Ricordiamo che la comunicazione è composta da 60-70 per cento di segnali non verbali, 20-30 suoni, 10 per cento di parole. All’uomo risulta più difficile mentire alla donna, viene maggiormente scoperto, proprio per queste caratteristiche. 3 L’udito femminile è in grado di distinguere meglio già all’età di una settimana di vita, rispetto a un neonato maschio, l’uomo di focalizza più sulla direzione del suono, mentre la donna sul contenuto e il timbro di voce. Per un cacciatore capire l’esatta provenienza di un suono era uguale ad una caccia sicura, sembra che nel cervello maschile ci sia un gruppo di cellule predisposte a questo orientamento acustico. Nella coppia oggi, se riconosciamo che la donna è più capace di leggere tra le righe, quindi può anche comunicare tra le righe, questo tipo di comunicazione non sintonica è spesso origine di malessere. Se di fronte ad una malumore la donna si difende negando……ma lasciando una scia di messaggi corporei e meta comunicativi contrastanti, l’uomo prende per buono il verbale ed esclude il resto. Questo renderà la donna furiosa….poichè lui non si accorge di nulla! Molti uomini chiedono spesso “dimmi con chiarezza cosa vuoi e che ti serve, non voglio interpretare”. Sempre in ambito si sensi, sappiamo che la pelle è importante e tanto nello sviluppo psicologico dell’essere umano. Il contatto il calore e la percezione di contenimento nel neonato è essenziale per la formazione di un io solido, integrato. Ormai studi degli ultimi 50anni hanno dimostrato quanto questa carenza può determinare disagi e disturbi di personalità. La differenza nei due sessi è che la donna si è evoluta portatrice di innumerevoli recettori in più, che la rendono sensibile al tatto e bisognosa al tatto. La pelle maschile è più dura, più resistente al dolore. Le due sensibilità sono evidenti nella sfera sessuale, ormai è conosciuta l’importanza dei preliminari, un riscaldamento sessuale necessario alla donna e quindi alla vita di coppi ma tanto volentieri saltato dall’uomo. La donna si calma se coccolata teneramente, se l’uomo sta male tende ad isolarsi. Se la donna è arrabbiata e non vuole essere toccata, “palpeggiarla” è rischioso……ma l’uomo che bisogno di affetto e contatto spesso riduce il tutto all’approccio sessuale. L’istinto lo porta a ciò, per lui è calma appagamento, intimità. In una cosa sola tante insieme, mentre la donna ha bisogno di sfumare e diversificare. Sempre parlando di sensi, la donna ha il gusto e l’olfatto più accentuato…… l’evoluzione ha dotato uomini e donne di capacità e di facoltà biologiche specifiche per sopravvivere. Questa superiorità “sensoriale” reale e fisiologica femminile spiega il fenomeno delle “streghe” donne non comprese e invidiate in alcune epoche, utili e ricercate in altre. 4 Le ricerche hanno dimostrato che gli uomini sono meno dotati di intuito, una donna che ha sensi e percezioni più sviluppati si aspetta di essere capita da un uomo nel suo stesso modo, o come un’altra donna può capirla. Questa aspettativa evidentemente frustrata, basata su una non considerazione delle differenze, porta spesso a dolori e discussioni inutili. Foto dei cervelli 5 Ci facciamo due risate…..la rete che fa circolare queste immagini ironizza, ma c’è una piccola parte di verità. Non entriamo in una guerra dei sessi inutile, diciamo che i cervelli sono diversi…….autoprogrammati nell’evoluzione per dare il meglio. Anche se sono delle descrizioni esasperate per farci fare due risate, in parte riportano delle verità- Le prime ricerche sul cervello o meglio sui due cervelli partono da Galton e risalgono al 1882, le prime ricerche crearono delle mappature della sostanza grigia, grazie a pazienti con danni cerebrali, quindi a pazienti donne e uomini con stessi danni, valutando la funzione. Più avanti grazie alla risonanza magnetica la ricerca è progredita. 6 Durante i processi di elaborazione mentale i due cervelli attivano zone diverse, o comunque con sfumature di intensità e grandezza. Dei titoli di libri che ho preso in considerazione parlano chiaro “gli uomini vengono da marte le donne da venere” “perché le donne non sanno leggere le cartine e gli uomini non si fermano a chiedere?” sono molto veritieri. Dal nostro punto di vista sono delle intelligenze diverse che devono entrare in collaborazione. Oggi è difficile, la nostra società ci scioglie dalla rigidità del ruolo maschile e femminile, ognuno di noi svolge molte funzioni…dalla donna in carriera all’uomo mammo. Chissà tra mille anni come si saranno evoluti i nostri cervelli! Quello che è certo che nelle tribù preistoriche l’uomo cacciatore (….non di donne) aveva un ruolo definito e funzionale che ha portato a noi un uomo che fisiologicamente ha una capacità di concentrazione canalizzata su una cosa sola, non poteva permettersi di perdere la preda e non sfamare la famiglia….la sua forza, la sua determinazione e razionalità, la capacità di prendere una decisione senza perdersi in titubanze o emozioni………….certo se un cacciatore c’è stato che si è commosso dietro a un cucciolo di tigre non è sopravvissuto alla mamma di questo, e i suoi geni non si sono trasmessi. Oggi un uomo può permetterselo, ma il suo cervello è comunque impostato per essere meno sensibile, dall’atteggiamento alla sua pelle…più spessa. Come abbiamo visto la donna ha i sensi più sviluppati, forse si poteva perdere nel bosco per poca capacità di orientamento direzionale, ma la sua vista a 180 gradi le permetteva di percepire pericoli attorno alla caverna e ai suoi figli, oggi ci rende capaci ad evitare incidenti agli incroci rispetto agli uomini. Riesce a fare più cose contemporaneamente, cucinare, parlare e guardare i figli. (esempio di amica con 4 figli) Sentire un bambino che piange da lontano….o aver portato bambini sul proprio corpo ha enormemente stimolato la sensibilità….Ancora oggi le africane che non usano pannolini, ma tengono i bambini sulla schiena quando lavorano nei campi, sanno quando i bambini devono fare i loro bisogni. In proporzione gli ambidestri sono principalmente donne, hanno imparato ad usare ambedue le mani. Sembra che il corpo calloso femminile sia molto più funzionale a mettere in contatto i due emisferi. Le maggiori connessioni sono possibili per uno sviluppo neuronale dovuto a più estrogeni. Emisfero destro Parte sinistra del corpo Creatività-arte 7 Funzione visiva, intuizione e immaginazione Idee funzione olistica, melodia musicale Funzione spaziale, multielaborazione Elaborazione grandi immagini Emisfero sinistro Parte destra del corpo Capacità verbali, matematiche e logiche Capacità di deduzione, analisi e pratica Parole di una canzone Capacità di ordine di linearità e di vedere i piccoli dettagli Quindi le donne riescono a fare più cose per volta, e hanno per questo più intuito. Un uomo non si perde per senso orientamento (ma non tutti) ma può perdersi in gruppo che parla e non sapere cosa dire, una donna capta un discorso che la riguarda a decine di metri……. Il cervello maschile è strutturato a compartimenti stagni, per lui è necessario fare una cosa per volta, magari anche bene…. Vi rendete conto che se in alcuni contesti un uomo può sembrare più intelligente della donna, è vero anche il contrario. Ma queste differenze psicofisiologiche nella nostra cultura, se non vengono comprese e superate creano conflitto. Geneticamente e a livello ormonale siamo programmati, le donne sviluppano l’area del linguaggio prima, parlano prima usano un bagaglio maggiore di parole, la risonanza magnetica denota una maggiore area del linguaggio. La donna quando parla si sfoga…..calma il suo umore, l’uomo avendo più difficoltà no, preferisce chiudersi. Inoltre le donne che hanno più velocità e parlantina tendono a parlare sopra ai figli maschi, parlano per loro, imboccano le parole. Quindi psicologicamente gli uomini delegano alle donne, a volte non sanno cosa dire…. Spesso usano frasi brevi di risposta o mugugnano. La grande capacità degli uomini è di archiviare momentaneamente i problemi, le donne continuano a rimuginarli se non ne parlano. Per questo psicologicamente di fronte ad una problematica i due sessi affrontano le cose diversamente e tendono a non capirsi o non sentirsi capiti. L’uomo tende a trovare soluzioni, e se una donna si sfoga e lui non ha la soluzione ci sta male, tende ad evitare la conversazione o si sente inefficiente, mentre la donna vuole solo condividere un peso non chiede soluzione. Questa è la trappola più comune. 8 La tendenza al dialogo, all’espressione verbale è molto diversa, l’uomo quando parla comunica i fatti, la donna va oltre stabilisce rapporti sociali, il telefono per l’uomo è uno strumento per comunicare, la donna lo vive come mezzo per mantenere e stabilire rapporti affettivi. Le donne quando sono ansiose e parlano con qualcuno si calmano, mantengono caldo il piacere di un incontro continuando a parlare al telefono dopo. Gli uomini evoluti come guerrieri, risolutori di problemi parlano tra se e se, meditano riflettono, poi si esprimono quanto necessario. Gruppi di uomini tra loro, praticando uno sport o altro possono viversi il silenzio come normale, non minaccioso, una donna lo vivrebbe come una chiusura un disagio. Una donna verbalizza argomenti in ordine sparso, elencando alternative e possibilità. Cioè agisce in base a come il suo cervello è strutturato. Non ha un intenzione reale di “rompere…” ma può essere vissuta così. Se una donna pensa ad alta voce, crede di condividere ma un uomo che è strutturato per risolvere i problemi si vive come sommerso da una miriade di problematiche da risolvere. Si infastidisce, o si eclissa, se è capace a comunicare dice “c’è qualcosa che posso fare te?” ……..è probabile che se questa domanda è autentica, la risposta sarà “grazie già lo stai facendo ascoltandomi”…. Il parlare libero femminile attiva spesso la percezione maschile di essere criticato, se un uomo non ce la fa a sostenere una conversazione e la donna che si sente poco rispettata insiste, lui che vivrà tutto ciò come una esagerazione o violenza a lui, la interromperà spesso trovando soluzioni non richieste. Siamo davanti ad un conflitto, di due persone che parlano su pianerottoli diversi e non si ascoltano. Le donne parlano tanto, forse troppo……hanno realmente un bagaglio di parole superiore. Un comico disse: “una volta non parlai a mia moglie per sei mesi……..non volevo interromperla.” Gli uomini si esprimono con frasi brevi e strutturate, è più facile capirne gli scopi, la conclusione è netta. Una donna che vuole colpire un uomo deve affrontare un argomento per volta, esprimersi con idee e pensieri chiari. Completare le frasi, non dare per scontato di essere capita. 9 Gli uomini si interrompono tra di loro solo se sono aggressivi e competitivi in quel momento. Gli uomini sono diretti, s i infastidiscono se le donne prendono discorsi generici interpretabili, si mettono sulla difensiva e si sentono giudicati. Esempio : “Nessuno mi apprezza” detto da una donna ad uomo è indice di discussione……La strategia migliore se una donna vuole essere ascoltata, vuole parlare di un argomento, è prendere un appuntamento avvertendo prima il partner. La donna non fa domande dirette, ma si esprime con un “potresti…faresti… riesci..? che vengono interpretate dal maschile come un mettere in dubbio le sue capacità. L’uomo fa domande dirette. Chiede risposte dirette. Vediamo queste affermazioni: 1. fammi un omelette per colazione! 2. mi fai un omelette per colazione? 3. mi faresti per favore un’omelette per colazione? 4. che cosa ne dici di un omelette per colazione? 5. Non sarebbe magnifico mangiare un omelette per colazione? 6. Ti andrebbe un omelette per colazione? (da A. e B. Peace “perché le donne non sanno leggere le cartine e gli uomini non si fermano a chiedere) Ecco le prime tre vengono usate da uomini la seconda triade da donne. Vedete come cambia il modo di comunicare. Le donne parlano emotivamente, gli uomini letteralmente. Le donne ascoltano e interagiscono anche con la mimica. Gli uomini rimangono impassibili. Usano grugniti per rispondere verbalmente all’ascolto, mentre le donne suoni come ohh! ahh! tutte le vocali. Le donne con voci calde e profonde in ambito lavorativo vengono apprezzate e reputati intelligenti, ma in campo affettivo gli uomini vengono attratti da voci squillanti, seduttive o fanciullesce, un po’ bambine che scatenano un senso protettivo. Torniamo alle cartine, la capacità spaziale femminile è limitata, solo il 10% delle donne la possiede identica ll’uomo, la risonanza magnetica ci aiuta a comprendere che le aree cerebrali maschili, destinate a questo sono localizzate e maggiori. Abbiamo già parlato dell’uomo cacciatore…quindi comprendiamo perché. La maggior parte degli uomini, ha un orientamento spiccato non si perde, sa sempre indicare il nord……il cacciatore non poteva perdersi nella foresta. 10 Le donne leggono meglio le cartine tridimensionale, possono allenare le loro capacità, ma qui ci interessa accettare le nostre differenze naturali, senza competere o tentare di superarsi……quindi un uomo per farsi capire da una donna, non deve dire “vai a nord” ma “gira a destra dopo il supermercato”. Accettiamo che nel parcheggio sono più imbranate…… Le donne criticano la guida maschile, perché secondo i loro criteri spaziali e di velocità è più pericolosa. Se smettessimo di pretendere quello che l’altro non sa o non può fare forse sarebbe una convivenza più civile! Già a tre mesi le femmine riescono a distinguere i volti dei familiari in foto, rispetto agli estranei, mentre i maschi ritrovano più facilmente il giocattolo perduto…..a scuola le bambine ricordano le persone e i loro sentimenti, i maschi gli oggetti e le loro forme. Per indole le donne collaborano, gli uomini competono. Le relazioni sociali per una donna sono più importanti del lavoro, viceversa per l’uomo. Se una donna non è soddisfatta delle sue relazioni affettive e sociali non si riesce a concentrare sul lavoro, se l’uomo non è soddisfatto del lavoro non riesce a prestare attenzione alle sue relazioni. Una donna può lasciare un uomo perché non si sente gratificata emotivamente, non per carenze materiali. Per un uomo ammettere di aver sbagliato dà un profondo senso di fallimento. Per cui se non trovano la strada e la donna che non è un bravo navigatore, alla domanda di lei “perché non ci fermiamo a chiedere?” equivale a sentirsi dire….sei uno stupido non ti sai orientare…. Abbiamo capito che la coppia in preda ad una crisi emotiva da stress rischia di non incontrarsi, lui di fronte ai pianti e sfoghi di lei entra nel “risolutore di problemi” rischiando di non dare ascolto, lei si scarica ma se non si sente ascoltata….si arrabbia, aumentando il senso di fallimento in lui. Lui stressato e confuso si isola, deve chiudersi per reagire, l’uomo più che per la donna piange da solo, meno in pubblico…..quando l’emisfero destro viene toccato, ovunque. Il condizionamento culturale fa la sua parte. 11 Nella vita di relazione sessuale e nelle differenze intellettive e comportamentali hanno sempre giocato un ruolo importante gli ormoni, siamo delle macchine chimiche biologicamente programmate per la procreazione. Abbiamo visto che sin dai tempi più antichi l’uomo e la donna hanno trovato un armonia che ha permesso la sopravvivenza della specie, ci siamo evoluti e sono cambiate tante cose, ma il nostro cervello da un punto di vista biochimico no, a volte questo imprinting che ci porta a ad entrare in un ruolo tipicamente maschile o femminile fa a cazzotti con la nostra società, dove la cultura porta le donne ad essere simili agli uomini e viceversa. Una richiesta di trasformazione sociale troppo veloce per la biochimica dell’evoluzione della specie. I maschi continuano a giocare con gli oggetti, alle femmine piace interagire con le persone. I primi vogliono dominare e controllare, le altre sono interessate alle relazioni affettive e alla moralità. Forse è vero che ci sono poche donne nel business ad alto livello, ma per oppressione maschile o semplicemente perché il numero di donne che si interessa a questo è inferiore, diminuendo quindi le probabilità. In israele siè tentato attraverso i Kibbutz di eliminare tutti gli stereotipi sessuali, formando un esercito asessuato….ma a distanza di anni, togliendo delle sfumature di comportamento apprese il femminile si è distinto dal maschile e viceversa in tutte le loro caratteristiche. Alberto de Martino in un suo famoso libro ci illumina che il termine più usato in italia da uomini che devono descrivere una donna è “rompicoglioni” e da donne che devono descrivere un uomo è “stronzo”, quest’autore un pubblicitario esperto di psicologia e sociologia individua in queste definizioni una qualità transitiva per l’appellativo “rompicoglioni”, la donna è un essere che si realizza nella relazione, nella sua accezione negativa, la percezione che ha l’uomo della donna è un essere che si realizza in forme di relazione ipertrofico ossessive. Mentre la parola “stronzo” con tutte le sue caratteristiche negative che eviterei di descrivere è di natura intransitivo, l’uomo non si realizza nella relazione, nell’eccezione più negativa : intollerabile volontà di mantenere le distanze dal prossimo , sottraendosi a responsabilità di relazione. In varie osservazioni comportamentali si evidenzia che la donna interagisce, e per lei è un fine. L’uomo agisce, per lui interagire è un mezzo. Gli uomini parlano tra di loro di fatti, cose, le donne parlano di persone. 12 Alla donna interessa fermarsi e approfondire, all’uomo restare in superficialità, per poi procedere per altre attività, gli uomini considerano anche la relazione un attività. La donna è più portata al controllo e l’uomo alla sperimentazione, la donna ha tutto da perdere l’uomo da guadagnare. De Martino un po’ in assonanza con J. Grey afferma che questo rapporto simbiotico e sofferto genera una dinamica di coppia in cui lei si sente sempre in credito e lui in debito. Perché la coppia è una relazione, ma solo la donna la considera veramente tale, per l’uomo è una attività. Magari la più importante e gratificante, ma sempre un attività. Per la donna è “la relazione” da cui dipende tutto, la sua felicità la sua realizzazione come essere umano. La donna ne è artefice, custode e garante. L’uomo ne è partecipe. Vi si dedica quando è il momento, poi si stacca e si dedica ad altro. Ha bisogno di allontanarsi come dice Grey, il fenomeno elastico…..ma ritorna, anche se lascia la donna in crisi d’abbandono. Alberoni ci fa notare la “continuità” femminile e la “discontinuità” maschile. Nel vissuto e nei bisogni. Quindi la donna non si stacca mai dalla coppia, l’uomo continuamente, lei ricorda, anticipa, pensa e interpreta, giunge a conclusioni e pensa che lui sta facendo altrettanto….ma quando si rincontrano lui non è pronto, lei lo incalza lo interroga, percepisce ciò come una distanza non capisce…la spiegazione è solo una lui è solo uno stronzo! Lui è disorientato, non ha gli strumenti per capire, vede la situazione complessa e articolata, impreparato non si sente innocente ma almeno non colpevole, nella confusione si aggrappa ad un accusa facile: sei una rompicoglioni! Questo gioco perverso e paradossalmente rassicurante rende uno sempre più stronzo e l’altra più rompicoglioni. Prendiamo dal libro di De Martino una storiella che girava sul web, molto indicativa delle differenze strutturali. due partner annotano sui loro diari l’esperienza di una domenica sera insieme. Lei è molto preoccupata e riempie alcune pagine della sua angoscia. Ha visto lui strano e assente, svogliato. Cerca di ricostruire le ultime giornate a caccia di un indizio, qualcosa tra loro che sia andato storto, qualcosa che lo ha allontanato. Forse una donna?...prova a sondare delicatamente e lui è molto evasivo. Poi la sera lei si è avvicinata, hanno fatto l’amore e per qualche minuto lui è sembrato ritornare sereno, lo stesso di prima. 13 Poi l’ombra è tornata su di lui, lei non si addormenta e lui si….lei pensa rimugina, pensa e ti ripensa, ha deciso che lo affronterà costi quel che costi. Lui sulla sua agenda ha scritto solo una riga. L’inter ha perso. Merda. Almeno abbiamo trombato. Bambini e bambine sono diversi, geneticamente diversi, al di là dell’influsso culturale. I maschi attirati da gru, mostri, macchine, si dimenano calciano, fanno a botte, curiosi di capire cosa succede se meni qualcuno o rompi un vetro….le femmine sfogliano libri e riviste, si cercano, stanno vicine, si toccano, relazionano, come dicevamo oggetti e relazioni. Da subito capiamo che le bambine appaiono più precoci dei maschi perché da piccoli le relazioni valgono più dei fatti! PER LE DONNE IL SESSO è UNA FORMA DI RELAZIONE CHE IMPLICA UN’ATTIVITA’ PER GLI UOMINI IL SESSO è UNA ATTIVITà CHE IMPLICA UNA RELAZIONE Notiamo da soli che le donne usano molto di più il concetto “fare l’amore” rispetto che altri attributi …….il dopo sesso è indicativo delle differenze. Lui mano dietro la testa, sorriso tronfio rivolto al passato, lei poggiata sul petto di lui con sorriso languido e sguardo sognante rivolto al futuro. L’ORGASMO PER UNA DONNA E’ UN INIZIO PER UN UOMO E’ LA FINE. Il desiderio sessuale maschile e femminile è ancora chiaramente determinato dagli ormoni, il testosterone potenzia enormemente il desiderio, l’uomo è programmato geneticamente per la sopravvivenza della specie, quindi più predisposto a selezionare meno è più attratto dal genere femminile e dal sesso in sé….. Orgasmo maschile più funzionale alla riproduzione, femminile no. Il desiderio maschile è più acceso (testosterone) è la condizione base dell’accoppiamento, se cala il desiderio maschile può non esserci accoppiamento. Un desiderio forte, come mangiare e bere garantisce la voglia a prescindere, maggiore probabilità di riproduzione. 1) i mammiferi maschi competono con altri maschi per ottenere il diritto all’accoppiamento 2) sono programmati per effettuare più accoppiamenti possibili Questo spiega perché si sentono moralmente più autorizzati a fare sesso. 14 La natura pensa a tutto e la femmina diventa ritrosa, seleziona, mete alla prova, per salvaguardare la prole deve scegliere un uomo forte, tenace e valido…..l’istinto la porta a proteggere il gruppo famigliare.- La donna durante l’orgasmo produce degli ormoni, gli stessi del parto, ossitocina, che rafforzano il legame madre e figlio, e anche del partner. Questo sistema quindi tende a rafforzare il legame, il rapporto. Negli ultimi decenni le donne hanno modificato molto il rapporto con il sesso…nel mondo occidentale. Soprattutto nella sfera del piacere si sono equiparate agli uomini, nella libertà di prendere cercare, provocare. In termini di diritti hanno fatto un grande cammino, anche se non del tutto hanno le stesse opportunità maschili in ambito sociale. Quindi sembra che le differenze si siano appianate, ma fino ad un certo punto. L’uomo cerca sempre di essere più bello, più colto, più ricco….di battersi davanti ai rivali….in parte la donna fa la ritrosa se viene corteggiata. Abbiamo una donna più libera, ma che ancora vive un partner che pretende la prestazione sessuale. Attraverso usi e costumi è subdolamente penetrato nella coscienza femminile “il dovere di concedersi al maschio”….una legge naturale e morale a cui è difficile sottrarsi. LE DONNE VIVONO IL SESSO COME UN PIACE E A VOLTE COME UN DOVERE MORALE VERSO IL MASCHIO GLI UOMINI VIVONO IL SESSO COME UN PIACERE E COME UN DOVERE NATURALE VERSO SE STESSI L’ORGASMO DI UNA DONNA è UN INIZIO…PER L’UOMO è UNA FINE DOPO L’AMORE I PENSIERI DI UNA COPPIA LEI vorrei stare qui per sempre, abbandonata sulla sua spalla, sentire il suo odore, le sue labbra …il ritmo lento del suo respiro LUI tra dieci minuti su rai tre c’è la partita DUE AMICI DUE AMICHE GIGIO mi sono fatto laura LUCA la laura? Ma ti piace? GIGIO insomma…..ma me l’ha messa su un piatto d’argento… LUCA come è andata? GIGIO Benissimo. A parte che l’ho dovuta portare a cena…bè zero voglia… però gran bella trombata. 15 LAURA L’ho fatto con Gigio TITTI Finalmente ! come è andata? LAURA la cena carinissima, lui un amore. Sono stata bene, non ha fatto il figo, mi ha ascoltaTO, ti dico un amore TITTI e poi? LAURA ma niente, normale. GELOSIA E ONORE L’essenza di un uomo è azione e competizione La gelosia dell’uomo è una crisi di ruolo, un tempo la ferita d’onore veniva lavata dalla vendetta, quindi ha una forte componente sociale. Per lui basterà riavviare il circolo virtuoso provare-agire-tutto da guadagnare Conquista-esclusiva-prestigio La sofferenza del maschio è più leggera – transitoria, a meno che non siamo di fronte ad una personalità dipendente. Invece un tradimento o la gelosia può spezzare una donna. Perché? L’essenza della donna è la conservazione è preservare la sua scelta…..lui è l’uomo…..lui L?identità della donna si definisce nella relazione e si rafforza nello stare con quell’uomo, quindi entra in crisi di identità. DUE AMICI DUE AMICHE MANU ma lo tradisci ancora stefano con quell’altro?....andrea? MIMMA Ma no, era un brutto periodo, non stavamo bene, ora è tutto a posto MANU sono felice per te MATTEO ma la tradisci ancora Giulia con quella Claudia? Franco no non me la dà più! Non so si è innamorata… MATTEO che sfiga! LE DONNE TRADISCONO CONTRO………una donna cerca una persona o permette un corteggiamento quando si sente trascurata, sola delusa…..arrabbiata con il partner Se l’amante corrisponderà al vero amore, farà una scelta. GLI UOMINI TRADISCONO PER…………gli uomini lo fanno per avere un’altra donna, magari bella e sexy, chiedere ad un uomo perché ha tradito, non 16 risponderà mai che la moglie lo ha trascurato, ma che l’altra era proprio bella….impossibile resistere. Un uomo non prende una donna al posto di un'altra, ne prende due. MONDO DEL LAVORO I numeri uno sono maggiormente uomini. E’ opinione diffusa che la capacità di azione è una chiave di conquista nel mondo del lavoro, i manager sono bravi nelle relazioni esterne- opportunità- azione Meno bravi nel controllo degli equilibri, nelle relazioni interne, nelle valutazioni del rischio; qui è brava la donna. Allora vediamo che spesso vicino ad un grande manager, che da tempo rimane sulla cresta dell’onda troviamo un number two donna, che sia fedele segretaria, o assistent manager o vice presidente…o compagna di vita e di lavoro. Se l’uomo nel dna ha una maggiore predisposizione al potere, quindi ad attaccare, rompere sistemi, affrontare….la donna è in gamba nella previsione del rischio relazionale, tende a conservare gli equilibri ed i rapporti, punta maggiormente al benessere di un ambiente comune. Di fatto si crea a lavoro un sistema famiglia già conosciuto….i numero due percepiscono i loro capi come imperfetti o incapaci, entrano un po’ in competizione, si fanno valere ma sono anche affascinate provano ammirazione per questi leader che si mettono in mostra, che trasgrediscono che rompono gli schemi con creatività e aggressività, la donna tenderà sempre a rispettare le regole e a conservare il presente, proteggere il vecchio, in questo gioco scattano passioni nel mondo lavorativo che spesso porta i due protagonisti a scegliersi nella vita rompendo i precedenti matrimoni. Ma spesso al posto di un amante leader ammirevole riappare il marito stronzo, e dietro la compagna complice e riconoscente del suo potere si riaffaccia la moglie rompicoglioni…e la storia si ripete. GLI UOMINI DISOBBEDISCONO ALLE REGOLE GENERANDO INNOVAZIONE. LE DONNE LE DIFENDONO GARANTENDO AFFIDABILITA’ E SICUREZZA Esempio smpatico LUI: amore ho cambiato idea, ho unificato gli stuzzichini mettendo i gamberoni nella crema di zucca. LEI: e tua sorella cosa mangia, che le fa schifo il pesce? CONSIGLIO UTILE IN GENERE 17 UOMINI SFORZATEVI DI FARE DI PIU’ DONNE FRENATEVI E FATE DI MENO Nonostante le differenze abissali tra uomini e donne le loro relazioni funzionano. Gran parte del merito è delle donne che hanno spiccate doti di sensibilità e di creatività affettiva, hanno intuito e perspicacia, gli uomini come i cacciatori di un tempo ritrovano la strada di casa, procacciano cibo…quindi sono abili risolutori di problemi pratici, buoni ingegneri e tecnici…. L’integrazione tra queste qualità è la soluzione. Accettare le differenze e non pretendere dall’altro ciò che non può dare. Dobbiamo accettare le nostre differenze, non negarle attraverso un educazione armonica rispettarle in noi e nell’altro. Aiutando i figli ad entrare meno in confusione, tra ruoli imposti e istinti. Il nostro cervello è diverso, programmato biologicamente alla diversità questo non è contro nessuno o qualcosa, ma può essere una risorsa se l’unione fa la forza. Ps: consiglio di leggere i libri sopracitati da cui ho preso spunto….grazie 18
Un “movimento terapeutico” come rinascita femminile
Dr.ssa Viviana Morelli
Psicologa-psicoterapeuta
C.P.A Albano Laziale
Oggi sono tantissime le donne che vengono affascinate e catturate dalla danza del ventre, cosa le motiva ad avvicinarsi conoscere quest’arte e praticare questa danza, così colorata e magica così lontana dalla nostra cultura ma anche così universalmente vicina? La danza in genere è antropologicamente un linguaggio universale che lega i popoli e gli animi, qui sta la chiave del benessere che riceviamo dal ritmo e dal corpo in movimento. Ma questa consapevolezza la conquistiamo nella pratica.
La spinta iniziale viene sicuramente dal magico mondo dei suoi colori e dei suoi abiti, dall’ emozione sensuale ed esaltante che trasmette una danzatrice, un esperienza che spesso è tutta femminile. Una donna guarda una danzatrice ballare e sente e vede qualcosa che va oltre ciò che sente o vede un uomo, un mondo femminile morbido e armonioso che si esprime e che si libera. Qui scatta l’attrazione la passione! mista a qualche paure, potrò farlo? Sarò capace?
Chi decide di iscriversi ad un corso di danza del ventre più o meno consapevolmente cerca di migliorare se stessa, affinare la propria capacità seduttiva o sicurezza ma soprattutto ritrovarsi e riscoprirsi come donna, una sfida con se stesse incontrando tante donne. Ballare insieme significa superare la diffidenza e la paura del giudizio, imparando ad affidarsi e fidarsi di sé.
Questo è solo uno degli effetti “terapeutici” di questa danza, avendone personalmente diretta esperienza posso affermare che è un processo di intimità e crescita che si distingue per fascino ed emozione da qualsiasi esperienza di ballo di gruppo, di salsa o di danza moderna.
Nella danza orientale “la donna femminile” è un immagine profonda e morbida, molto spesso scollata dai condizionamenti stereotipati di una società che produce bambole siliconate, silfidi anoressiche e ben altro.
Inizialmente, per alcune donne non è facile imparare a guardarsi in uno specchio, senza ossessionarsi sulla propria pancia e fianchi e guardare le compagne non come nemiche ma come modelli. Ogni donna può scambiare e donare all’altra.
Ben presto grazie alla bravura dell’insegnante, scopriamo che quel corpo seguendo la danza migliorerà in bellezza, tonicità grazia e armonia, ma sarà più facile farlo accettandolo e non negarlo.
Qui possiamo mostrare “pancette tonde e rotoletti” senza sentirsi meno femminili o brutte! Poi tutto migliora!
Come psicologa penso che i grandi cambiamenti e trasformazioni della psiche e del comportamento e di conseguenza anche nel corpo come fattezze e movenze, avvengono grazie ad un atto di amore. Se riconosco e accetto i miei limiti solo così li posso superare.
Per me è stato piacevolissimo seguire dei corsi incontrando donne di varie età, magre e grasse, rigide o impacciate, ma con il coraggio di sorridere e indossare una cinta di monetine e un toppino, riguardarle dopo mesi e vedere e apprezzare il loro cambiamento, interno ed esterno.
Quindi ho vissuto la bellissima esperienza di benessere psico-fisico, rispolverando in me l’effetto terapeutico di un gruppo di bioenergetica.
Molti dei movimenti circolari del bacino, “otto” “la luna” “il giro turco” ecc,…hanno un impatto terapeutico simile ad un approccio di bioenergetica di gruppo (una forma di psicoterapia). La libido bloccata nel pavimento pelvico si scioglie, portando un notevole miglioramento generale.
Chiaramente non voglio mettere sullo stesso livello un gruppo di psicoterapia bioenergetica ed un gruppo di danza orientale, quello che voglio sottolineare è un elemento comune che lega queste esperienze, lo strumento del movimento e dell’energia su questo “corpo femminile” a volte dimenticato, abusato e non riconosciuto.
Finalmente nella danza è valorizzato nelle sue morbide curve, esaltato nei movimenti circolari “materni e femminili”. Sintonizzare il respiro le aperture, i movimenti delle braccia e del corpo in uno spazio è: “sentire di esserci” mi muovo nel mondo in modo nuovo!!
Inconsapevolmente ballando e ridendo, seguendo un ritmo insieme, un gruppetto di donne scioglie dei blocchi corporei calcificati nel tempo da paure e insicurezze, da emozioni non riconosciute.
Questo care donne è il mio pensiero e la mia esperienza! Quando vedo un harem sorridente e dagli occhi luccicanti che si muove e vibra su una melodia, non vedo solo persone che cercano divertimento e passatempo, ma un femminile in rinascita!
Buona danza a tutte!
Dall’accertamento medico all’ipotesi del disturbo psicosomatico
(intervento della Dr V. Morelli all’Incontro del Sabato tenuto dalla Dr. Chiara Caldarelli sulle Intolleranze Alimentari)
Abbiamo la fortuna in questo studio di Psicologia di avere la collaborazione della Dr.ssa Caldarelli, nutrizionista e biologa, questo ci permette sempre un confronto e una crescita professionale.
Spesso Chiara racconta di persone che per curiosità fanno il test di intolleranza, non hanno disagi e quasi sempre rimangono anche deluse se non risultano intolleranze.
Un pensiero comune è che se sono intollerante ingrasso, se sono grasso quindi sono intollerante, non riesco a fare una dieta o nego a me stesso che mangio, se sono costretto ad eliminare degli alimenti perché intollerante dimagrisco di conseguenza . Devo farlo per salute….ma oltre alla dipendenza da cibo c’è la ricerca ossessiva di una causa organica a sintomi fisici.
Mi cerco un falso problema paradossalmente per non affrontare quello vero.
Se un test per l’intolleranza è negativo chiaramente non vi è intolleranza, ma permangono dei sintomi molto simili a quelli che da l’intolleranza alimentare.
Che significato ha questo tutto ciò?
Abbiamo sentito parlare tutti di sintomi psicosomatici, i più comuni sono proprio simili a quelli dell’intolleranza, dolori addominali o gonfiori, nausea, coliti, diarrea.
Molte persone quindi manifestano un disagio psicofisico, le emozioni la psiche si esprimono attraverso il soma.
C’è una grande resistenza da parte nostra ad accettare che la nostra mente e le nostre emozioni negate o trascurate procurino questi sintomi. Molto meglio cercare una causa esterna……..quella cosa mi fa proprio male, evito quel cibo e sto bene……
Non possiamo dire il tuo mal di stomaco è un disagio mentale, vivi meglio la tua vita e passa l’ulcera. In realtà se ce l’hai devi curarla concretamente come malattia organica. Contemporaneamente alleggerirti la vita visto che non “riesci a digerire” alcuni eventi.
Ma torniamo alle intolleranze come spesso le contatta lo psicologo.
Una ragazza che si riconosce molto emotiva ansiosa, insicura, viene in psicoterapia portando tanti sintomi gastro-intestinali, pensa fermamente che alcuni cibi sono “veleno” per lei, li evita ma quando non può far a meno di mangiarli sta male, poi sta male comunque anche se non li mangia e pensa che ormai è proprio intossicata……pensa che ha un problema grave all’intestino. Fa indagini di ogni tipo, ma è sana come un pesce, o meglio un po’ di colite non è un tumore e molto comune, poi il medico curante sdrammatizza è solo “stress”…..lei si sente quasi trascurata perché forse era meglio fare anche la gastroscopia oltre e la retto colonscopia…..
In medicina si legge un mal di pancia continuo e costante come problema reale, saltuario in prossimità di eventi stressanti è un mal di pancia psicosomatico.
Lei comincia a capire e sciogliendo emozioni e aumentando la consapevolezza comincia a vivere meglio.
Ma è più forte di lei è convinta che alcuni alimenti le fanno male…..un giorno incontra un ragazzo, non parla più di verdure che gonfiano, pomodori che danno acido, latte come veleno, mamma!!! Parte due settimane per Londra, magico per le intolleranze il cibo londinese, penserete: “ ha mangiato niente!” No ha mangiato tutto e di più, schifezze, birra salse, latte e via dicendo. Felice è stata benissimo, sparita anche l’ansia….
Che pensate?
La battuta è “mandiamo tutti i pazienti a Londra!”
In realtà non sarebbe stata così magica che son avesse fatto uno splendido lavoro sulle sue emozioni.
Diciamo che la nostra mente può tutto, se mi convinco che un cibo è velenoso quanto una suocera o il caporeparto sicuramente posso star male.
Possiamo interpretarla come una risposta del corpo ad una intolleranza della psiche e dell’anima. Sono veramente intollerante al cibo o qualcosa che questo cibo rappresenta?
Diciamo che c’è un dialogo costante tra psiche e corpo, e il corpo parla con i sintomi al posto della consapevolezza.
Questa può essere definita una manifestazione psicosomatica.
Sappiamo che c’è una branca della medicina che si occupa di quei disturbi organici che non rilevando alla base una lesione organica o difetto funzionale, sono ricondotti ad una origine psicologica. Una visione olistica dell’uomo, dove si ipotizza che un disagio a livello psicologico cioè uno stress quotidiano funzionale genera quella disfunzione dell’organo, che può causare la lesione e la malattia.
Oggi le emozioni vengono considerate come variabili concomitanti e non come causa del disturbo, quindi viene meno la dicotomia tra malattie “psicosomatiche” e malattie “reali”.
Nel campo della psiconeuroendocrinologia le ricerche e gli studi sono progrediti, sono state scoperte sostanze di natura polipeptidica, presenti contemporaneamente nel sistema nervoso centrale con funzioni di regolazione del comportamento, in quello periferico in funzione di controllo sul metabolismo.
Queste funzioni sono correlate per ottenere un adattamento ottimale in varie situazioni di stress.
I polipeptidi non vengono prodotti solo dai neuroni, ma anche dalle cellule endocrine e da quelle immunitarie.
La scoperta dei neuro peptidi ha finalmente dato un taglio alla tendenza a separare i tre sistemi, cioè endocrino, nervoso e immunitario.
La comunicazione è bidirezionale dal cervello alle cellule di difesa immunitaria e viceversa, dal cervello al sistema endocrino e nervoso e viceversa.
Nasce la psiconeuroendocrinoimmunologia.
Questo argomento “il disturbo psicosomatico” è complesso e multisfaccettato, consiglio a chi vuole approfondire un interessante libro che segue il filo conduttore della struttura della famiglia, da questo ho tratto delle nozione sopra sintetizzate : “Struttura della famiglia e disturbi psicosomatici” del caro collega Claudio Gerbino e Ruena Ventimiglia, edizioni Koinè.
Concludo ricordando sinteticamente dei concetti che vi possono aiutare allargando l’argomento dei sintomi da intolleranza ad una visuale più complessa di sintomi psicosomatici:
Ogni sintomo segnala l’esigenza di fuggire un dolore indicibile.
Tutto ciò che si vorrebbe fuggire si materializza attraverso la malattia del corpo.
Attraverso l’interpretazione del linguaggio d’organo è possibile fare emergere qualcosa che il soggetto teme e non vuole far emergere.
La guarigione psicosomatica sta nella comprensione dell’espressione simbolica del sintomo.
Se non c’è comprensione di ciò che l’organo malato cela e svela la guarigione rimane parziale anche quando l’organo viene sanato.
Ogni malattia appella una saggezza del corpo che invia l’io ad una presa di coscienza.
La guarigione stà nel raggiungere una consapevolezza ulteriore.
Pascal diceva la malattia è il luogo in cui si apprende.
Ogni sintomo è un segnale che calamita attenzione, una provocazione che ci permette di guardarci in profondità.
In ogni organo è iscritta una parte del nostro progetto di vita.
Comprendere il simbolismo corporeo, significa comprendere la cosa che ci manca.
Stomaco:
il cattivo umore colpisce direttamente lo stomaco.
Ciò che non vogliamo più sopportare.
Rappresenta la nostra capacità o incapacità di accettazione, conseguenti a situazioni che riteniamo ingiuste.
Aggressività repressa ad un primo livello
Stipsi cronica
Nella fantasmatizzazione anche il bambino “posso avere tanto senza dipendere da nessuno, posso volere ciò che desidero senza dipendere dalla madre invadente e controllante.
Onnipotenza autartica
Caratteristiche di personalità:
pessimismo, diffidenza, sfiducia negli altri caratteristica di essere respinto e non amato.
Non sa affrontare le separazioni, non lascia andare nulla e non si lascia andare.
Può viaggiare con gli atteggiamenti ossessivi, perfezionamento, meticolosità, rigore.
La difesa da sentimenti giudicati inaccettabili produce ciò……la guarigione sta nel guardare con indulgenza le emozioni inaccettabili dentro di me.
Riuscire ad amare e dare senza sentire di perdere.
L’adulto ama e sa che non si può proteggere dall’ambivalenza e dall’inganno.
Amare solo quando si è certi di non venire traditi significa essere estranei alla vita reale, coltivare l’illusione di una protezione e sicurezza impossibile.
Diarrea cronica
L’intestino tenue è come un cervello, poiché analizza e assimila i singoli componenti, seleziona ciò che è utile e ciò che è dannoso.
Chi soffre di diarrea è centrato sul conflitto dare e ricevere.
Il famelico desiderio di ricevere affetto li spinge ad un intenso desiderio di restituire, o meglio anticipare gli altri, per essere corretto, generoso, sottomessi e dipendenti.
La diarrea è la risposta del corpo ad un bisogno di lasciarsi andare a ciò che il soggetto non può più trattenere. E’ un invito ad accettare le emozioni che si provano senza analizzare tutto.
Ci può essere ansia e timore di non farcela.
Un bisogno di scaricare rabbia e distruttività.
Cacca come rabbia, sporcare, attaccare….
Colite
Accuratezza,pulizia, rispettabilità, suscettibilità associata mancanza di comportamento aggressivo, intenso bisogno di amore misto a paure abbandoniche.
Il soggetto colpito da colite spastica ha un eccessivo bisogno di protezione e dipendenza.
Lo spasmo rappresenta il trattenere ciò che non si vuol perdere, le figure da cui dipendiamo incorporate, il dolore è la ritorsione autopunitiva per una dipendenza non accettata.
A volte c’è una copertura dei veri bisogni attraverso una iperattività ed una ipervalutazione di sé, per nascondere la propria fragilità.
Fegato
Il fegato è il laboratorio dell’uomo. I disturbi del fegato sono l’effetto di eccessi e indicano l’incapacità di distinguere ciò che è nutrimento buono da velenoso.
Il fegato si ammala perché il soggetto ingerisce qualcosa di troppo (alcool, grassi……..e bocconi amari per emozioni) vive desideri smodati ed eccessivi.
Vivere in salute è trovare il senso della misura.
Dare un giusto peso alle cose, gli eccessi ci fanno perdere energia.
Reni
Organo di filtro per eliminare scorie e tossine, la persona che manifesta disturbi renali spesso non ascolta i suoi veri bisogni, insegue ideali e conseguenti frustrazioni, non si libera da emozioni negative nate dalla relazione con l’altro.
Nel caso di calcoli renali spesso visualizziamo una “pietrificazione emozionale”, non voler riconoscere ed affrontare i propri vissuti.
Un ulteriore libro che consiglio per approfondire questo vasto argomento, per questo intervento mi ha aiutato ad esporvi più sinteticamente possibile questi concetti è: Dialoghi tra Corpo e Psiche –edizioni Magi-
n alcune correnti di pensiero, sentiamo parlare di depressione - esistenziale, oppure di “disturbi da conflitti esistenziali”. (alcuni autori come: V.E. Frankl coniò il termine depressione noogena; A. Mercurio che nelle sue opere parla ampiamente della parte spirituale della Persona). Non è difficile capire di cosa stiamo parlando, ormai la psicoterapia cerca di integrarsi, tutte le correnti d’intervento psicoterapico considerano la dimensione spirituale-esistenziale dell’essere umano. L’uomo Persona è un essere pensante non solo logico e condizionato dal mondo psichico, ma dotato di spiritualità, ha bisogno per vivere in equilibrio di dare valore e significato alla propria esistenza. La depressione, con tutti i sintomi ad essa associati, non può essere soltanto il risultato di conflitti di natura psichica; in termini più semplici non è solo uno ”scoraggiato abbandono di sé” perché non abbiamo trovato soluzioni a conflitti di varia natura, coscienti e meno coscienti (amore e odio- dipendenza affettiva e autonomia- o l'impossibilita' ad esprimere sanamente la propria aggressività- paura e libertà di esprimere la propria identità sessuale…ecc.), a volte non siamo portatori di questi conflitti. Allora è la nostra dimensione spirituale che chiede aiuto!
Spesso nella vita entriamo in conflitti di valore, esistenziali, o non troviamo un progetto di vita……un significato alla nostra esistenza, proviamo un senso di fallimento e di non appartenenza… “di vuoto”. Quando il disagio dura a lungo, può portare ad una ricerca esagerata di piacere che può sfogare in dipendenze affettive o da sostanze, noia e caduta degli interessi aprono le porte a segnali di tipo depressivo.
Intervenendo in tempo utile tutto ciò non è del tutto negativo, infatti, una “crisi di natura esistenziale” può essere il preludio alla trasformazione di un individuo in una Persona, capace di un progetto di vita gratificante e costruttivo. La persona nel malessere è costretta a prendersi cura di sé, a “volersi” più bene. In questo senso la psicoterapia è un “percorso di crescita” per ritrovare e riconoscersi le proprie parti buone, e costruire un proprio “progetto” realizzare un proprio sogno. Questo equivale a “sentire” e non solo a dire “io valgo!”.
In una visione tridimensionale dell’uomo, come persona dotata di un Io psichico, un Io esistenziale e un Io corporeo, appare secondo me riduttivo distinguere una depressione di natura “esistenziale” da una sindrome depressiva di natura “psichica”. Probabilmente ogni configurazione di tipo depressivo con i suoi specifici disagi, ansie e somatizzazioni, si radica sia nel mondo psichico sia nella sfera esistenziale della persona. Questo per affermare che in molte situazioni, ma non in tutte, chi si rivolge allo psicoterapeuta con questi disagi è necessario che indaghi, quel tanto che basta, su conflitti di natura emotiva del presente e del passato.
Faccio ora un invito a quelle persone che si vivono come malate, terrorizzate dal significato che alcuni sintomi possono avere, interpretandoli come segnali di un cervello malato. Fermatevi! …..e chiedetevi: “Mi riconosco un valore?” “qual è il senso della mia vita …..qual è il mio progetto?”…………….
Buon Lavoro!!
CIBO E AMORE
DIPENDENZE AFFETTIVE E DIPENDENZA DA CIBO
Viviamo in un epoca contrassegnata dal consumismo, ne siamo consapevoli tutti anche se non sempre ci fermiamo a riflettere sul significato che ciò produce in tutti i nostri comportamenti. Immersi in una società benestante, assillata da un frenetico consumo di ogni prodotto, un “divorare” continuo dal tempo stesso ai passatempi, alla comunicazione flash, spinta da un impellente frenetico bisogno di “esserci” più che di contattare intimamente, dal consumo delle persone stesse, usate e dimenticate con la stessa velocità degli sms, dall’abbigliamento sempre meno personalizzato e fuori moda dopo un mese, al cibo così poco sudato, poco apprezzato spesso poco assaggiato nel gusto e nella qualità. Questo “divorare” ogni cosa è paragonabile al sintomo di una società bisognosa di “affetto”, che segue la legge del “tutto e subito”. Generalizzando appariamo come un insieme di individui bisognosi d’amore che non riescono ad incontrarsi e voler bene a se stessi e ad altri. “AMORE E CIBO” un duo di cui si parla spesso la cultura popolare è ormai sensibilizzata alla relazione tra i due, sentiamo dire “bisogno di dolci è uguale a bisogno di d’amore”, non a torto anche se il bisogno d’amore è rappresentato un po’ da tutto il cibo, che sia ricercato al di là di un naturale senso di fame. Ci rendiamo tutti conto che spesso mangiare molto, non è sintomo di fame ma di insoddisfazione. La psicologia dell’età evolutiva ci insegna quanto sia importante il rapporto del bambino piccolo con la madre, il piccolo dipende totalmente da lei e nelle cure amorevoli e nel cibo. Una sintonia tra i bisogni reali e primari del bambino e la madre dispensatrice di amore e cibo è l’unica garanzia per la crescita di un Io sano; poiché il Bambino persona sente di esistere attraverso la risposta ai suoi bisogni, il bisogno soddisfatto crea benessere e integrazione; avviando un gioco di “rispecchiamento” , che nella crescita utilizzerà sguardi, sorrisi, gesti e carezze, e naturalmente cibo. Probabilmente nessuno di noi ha avuto una madre perfettamente sintonizzata al nostro bisogno, più o meno tutti siamo portatori di una dose di deprivazione affettiva, o comunque dosi di frustrazioni che aiutano anche a crescere. Se il cibo è una gratificazione per ogni essere umano, ognuno di noi ha stabilito un rapporto tra le proprie emozioni, reattive alla frustrazione di un bisogno affettivo, e la spinta a “riempirsi” di cibo per ricoprire il malessere, oppure a “divorarlo” per rabbia o “rifiutarlo” per negarne il bisogno…. Il mio intervento vuole accendere un riflettore non sulle psicopatologie alimentari conclamate, ma sulla relazione esistente tra dei comportamenti alimentari non totalmente naturali, disturbati, e le dipendenze affettive in genere. Sono fermamente convinta che certe dipendenze e certe fragilità, fanno parte della vita di tutti noi anche se con gradi di intensità diversa; del resto il principale bisogno dell’essere umano è quello di essere “riconosciuto” e di essere “amato” e quindi di amare, e tutti abbiamo avuto come mezzo di comunicazione il cibo, possiamo affermare che questo è un territorio ricco di trappole per tutti. Conoscere le nostre dipendenze affettive e le nostre dipendenze dal cibo è un modo per gestirle, senza per questo sentirci malati. Chi ha subito sostanziali carenze affettive nell’infanzia è portatore di evidenti insicurezze, nelle proprie capacità e nella gestione dei rapporti affettivi, cercherà ossessivamente di risanare queste “ferite di non amore” cercando conferme sociali, soprattutto instaurando rapporti amorosi spesso fallimentari o non gratificanti. Questi sono per lo più amori impossibili, ci si innamora e ci si lega a persone già impegnate o sposate, difficili da conquistare, persone poco equilibrate o problematiche che dobbiamo salvare a tutti i costi….ecc Questo amore irraggiungibile alimenta la conquista al motto “Lui (o lei) non è l’uomo della mia vita…ma la mia vita”, sostanzialmente è “ io esisto solo se lui o lei mi ama”. Questa è la dipendenza affettiva, nel tentativo di guarire una ferita inferta dai primi legami quelli col padre e con la madre, mi imbatto in un amore che non mi “sazia mai”. Questa è la similitudine tra i dipendenti affettivi e i cibo-dipendenti, mi tuffo nell’amore e nel cibo senza saziarmi mai, senza riempirmi…..senza beneficio e con paradossale soffocamento. Parliamo di persone con problematiche diverse? No!
Il malessere: il “senso di vuoto”, “la rabbia” “senso di angoscia e di inutilità”, emozioni e sentimenti che precedono un’abbuffata o un comportamento di dipendenza affettiva sono identici, nascono ambedue da un forte bisogno di amore e di riconoscimento, se non c’è una persona il cibo la sostituisce. Molto frequente è un alternanza di questi comportamenti, se prendiamo un prototipo facile da usare: quello della giovane ragazza, ma ciò è valido per ogni età e sesso, la etichettiamo evitando termini psicopatologici come “dipendente dall’amore”, per ricordarci che una parte di lei è in tutti noi, la osserviamo oscillare da periodi di amore-dipendente con persone sbagliate, dove l’amore è più vicino alla sofferenza che alla gioia dell’innamoramento, a periodi di isolamento sociale dove il cibo diventa un idea ossessiva, un mezzo per farsi male e per gratificarsi, in questa fase tutte le incertezze e le paure affiorano più chiaramente. Un carosello di momenti anche molto ravvicinati tra loro, che nei casi più difficili lascia senza energie e con un senso di disagio esistenziale evidente.
Chi diviene consapevole di questo meccanismo, può decidere di fermarsi evitando di cercare fuori di sé ciò che può trovare dentro di sé. Ogni dipendente da cibo o da affetto principalmente non accetta il bisogno che ha degli altri, onnipotentemente si ama troppo poco, negando le dipendenze e la poca autonomia che ha. Il lavoro per uscire dall’ingranaggio, passa per l’umile riconoscimento dei propri bisogni, dei propri limiti.
Dr. MORELLI VIVIANA: Albano Laziale - 7 aprile 2001 - Intervento sul tema “ I disturbi psicofisici del comportamento alimentare” - C.P.A.
I DISTURBI ALIMENTARI
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Poche righe non bastano a spiegare una problematica così vasta, in ogni modo possono aiutare a dissipare dubbi e confusione che spesso l’uso ed abuso di certi termini comporta. In questa civiltà di benessere, lasciarsi andare ai piaceri della tavola, poi farsi prendere dai sensi di colpa (non per la fame nel mondo ma per aver tradito il nostro ideale di corpo perfetto) sembra un comportamento socialmente normalizzato. Così un numero considerevole di persone, almeno una volta nella vita s’impegna a seguire una dieta sotto controllo medico; il successo è spesso buono, ci si sente più belli e più sicuri e si ripete l’esperienza se in periodi alterni ci si lascia andare, a vantaggio della salute. Tutto questo, che nasce anche da un sano piacere di mangiare, non dà molti problemi né alla persona né al dietologo. Diverso è quando siamo vittime non di un godereccio piacere di mangiare, ma di un compulsivo bisogno di ingurgitare qualcosa di commestibile. Chi presenta questo disturbo è un paziente difficile anche per il dietologo, l’impegno e il controllo non bastano. Non vorremmo mangiare ma è più forte di noi, non c’è un gusto vero nel farlo, i sapori vengono mischiati in modo incongruo, ed insieme al peso corporeo aumenta il senso di disagio e disistima. Perché quest’impotenza? Siamo di fronte ad un sintomo. Queste irrefrenabili "abbuffate" sono il vano tentativo di colmare un "vuoto", una tensione accumulata. Come "compulsione" non si differenzia molto dall’ossessione per la pulizia della casa, ma ha significati più profondi e sicuramente nuoce alla salute. C’è sempre un conflitto profondo dietro queste sintomatologie, un’ansia più o meno negata. Certo tutti mangiamo anche per consolarci, ma sappiamo fermarci. Il problema è che si crea un circolo vizioso che porta lontano dalla vera origine emotiva. La persona diventa dipendente dall’idea del cibo, le "abbuffate" diventano quasi autopunizioni verso la propria incapacità, e il divorare e masticare non basta a scaricare il livello di rabbia o aggressività repressa. Il tutto diventa più grave se si associa al "troppo pieno" post-abbuffata l’idea di svuotarsi. Quando episodi di vomito autoindotti susseguono possiamo parlare di bulimia. Prima di arrivare a ciò, quando ci rendiamo conto che non mangiamo per fame o per piacere, quando l’idea di mangiare e la paura di farlo ci accompagna dall’inizio della giornata, fermiamoci ad ascoltare noi stessi. Da cosa ci stiamo nascondendo, rischiando la nostra salute? Essere consapevoli delle vere problematiche che i " disordini alimentari" nascondono è già un modo per iniziare a cambiare; non è difficile, è più dannoso fuggirle rischiando di farci veramente male. Quindi volersi bene è assicurarsi un controllo medico, un supporto nel seguire una dieta adeguata, ma anche affrontare quelle paure e insicurezze che ci condizionano a vedere questa vita fatta solo di "bilance" di "divieti" e trasgressioni…. Chi sta bene con se stesso ascolta i bisogni del proprio corpo, gode del cibo senza farsi male. |
LA NEVROSI D'ANSIA L’ansia è una manifestazione conosciuta a tutti, poiché è una naturale reazione del nostro corpo di fronte a una condizione di pericolo o stress. I sintomi fisici che caratterizzano l’ansia non sono molto diversi da quelli della paura, per istinto di sopravvivenza noi tutti scappiamo davanti al fuoco o proviamo vertigini davanti ad una altezza. Diversamente se abbiamo le stesse reazioni neurovegetative: tachicardia, tremore, vertigini, respiro corto ecc…senza percepire un reale pericolo allora si parla di ANSIA. In questo caso la percezione del pericolo è legata spesso all’attesa d’alcune nostre prestazione, che devono essere sempre adeguate: ansia d’esame, ansia da palcoscenico, ansia di prestazione in campo sessuale, ansia da competizione ecc. L’ansia accompagna sempre l’insicurezza e la timidezza, in varie sfumature che non sempre possono essere definite patologiche, ma che rappresentano dei disagi che non aiutano la qualità delle relazioni interpersonali. Parliamo invece di "nevrosi d’ansia", quando più volte il giorno i sintomi ci attaccano senza capirne il motivo. Dal primo mattino la persona affetta da nevrosi d’ansia si alza con la sensazione di tremolio interno, con l’incubo di affrontare la giornata; le tachicardie, nodo alla gola e contratture muscolari si susseguono scatenando a volte dei veri e propri attacchi di panico, in strada o in luogo chiuso. L’ansia è sempre il risultato di un conflitto psichico, spesso non cosciente o parzialmente conscio, la persona vive, un problema emotivo o comportamentale che la blocca nelle azioni. Renderlo cosciente è l’unica soluzione per risolvere o per gestire l’ansia, imparare a capire i messaggi che il nostro corpo ci dà e utilizzarli per la propria crescita. Se i sintomi sono difficili da contenere spesso si ricorre all’uso di tranquillanti, sempre sotto controllo medico, sono utili in molti casi e spesso sono un valido supporto ad una psicoterapia, ma dobbiamo ricordare che attenuare i sintomi non significa risolvere il conflitto. Andare all’origine del problema con l’aiuto di una psicoterapia anche breve, è sempre una garanzia per non rimanere dipendenti da psicofarmaci o restare in balia dei sintomi.
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LA PSICOTERAPIA Chi si rivolge allo psicoterapeuta?
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Esseri umani sull’orlo di crisi coniugali o in preda ad inspiegabili malattie psicosomatiche e depressioni, che si difendono da mostruosi attacchi di panico o semplicemente dagli altri esseri umani…individui in cerca di se stessi! Molti si avvicinano alla psicoterapia con fiducia, idee chiare e voglia di "amarsi" di uscire dal disagio, altri arrivano esausti con il loro bagaglio di false aspettative, di tempi frettolosi, di paure e pretese di scoprire chi sa cosa su se stessi. Quest’ambivalenza la scaricano sul terapeuta, promettendosi di non tornare più in terapia al grido di "so già tutto quello che mi dice!" oppure "non sono io che devo stare qua…". Chi torna o rimane scopre che psicoterapia non è solo capire cose nuove, ma è il percorso per divenire una Persona, completa e integra, armonica in tutte le sue parti, capace di amarsi e rispettarsi e di farlo con gli altri e quindi di ricevere amore. Tutto ciò il più delle volte non è automatico, va imparato con impegno e un po’ di dolore, un dolore di crescita che non è mai sterile, non è il dolore sordo della rassegnazione e della morte interiore ma il dolore della vita, della rinascita. I primi passi in psicoterapia sono necessari per capire e sciogliere i nodi rappresentati dai sintomi, dalla confusione, dal malessere interiore, dai conflitti che instauriamo con altri, dopo aver conosciuto la nostra realtà psichica cominciamo ad intravedere il filo d’Arianna che ci guida verso l’uscita; il nostro progetto di vita di miglioramento, cambiamento, soprattutto d’amore per noi stessi! Le nostre nevrosi nascono dalle carenze d’amore subite e/o dalle insicurezze e dalle dipendenze, capire tutto questo non basta ad assicurarsi un benessere. E’ necessario appellarsi a quella forza interiore di tipo spirituale che è il sano amore per noi stessi, quella capacità dell’uomo di trasformarsi, trascendersi e superarsi. Qui la psicoterapia diventa un impegno con se stessi, le tappe per raggiungere il proprio progetto di vita, una fonte d’energia e di confronto per procedere. Lo Psicoterapeuta va visto come specchio, come persona non come Dio, come verifica e scambio perché prima di noi ha percorso la stessa strada!
BUON LAVORO A CHI SCEGLIE D’USCIRE DALLA SPIRALE DEL MALESSERE! |
MENOPAUSA... Come affrontarla
Accenni medici e problematiche psicologiche. Dr.ssa Viviana Morelli psicologa-psicoterapeuta
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La Menopausa è un passaggio di vita delicato, importante per una donna. Sicuramente in una lettura antropologica femminile è sempre stato un passaggio simbolico, ma nella società odierna molte cose stanno cambiando, e possono essere interpretate positivamente o negativamente. Diciamo che la donna rispetto a un dieci o venti anni fa si trova ad essere sottoposta a richieste ambientali e relazionali diverse. La vita media si è allungata, cambiano usi e costumi, per le donne lavoratrici è stata spostata la soglia di pensionamento, oggi una 50enne rispetto al passato combatte con figli piccolo o adolescenti, segue genitori anziani, se è nonna deve dividersi tra famiglia lavoro e nipoti, spesso de affrontare cambiamenti come una separazione o un nuovo compagno…. Insomma una voce esterna dice : “non puoi invecchiare”. Questa voce spesso combacia con una “voce interna” che decide in sincronia di combattere l’avanzare dell’età, ma qui dobbiamo fare i conti con il mondo biologico ed organico. Che sicuramente risponde agli impulsi del nostro cervello, ma a volte va aiutato.
Un corpo che si modifica e segue un bioritmo suo che non si sincronizza con le “pretese” esterne ed interne. Come armonizzare tutto ciò? Questo spesso è la grave realtà psicologica della donna over50.
Nessuna di noi ricorderà nella propria adolescenza un bombardamento pubblicitario di over50enni giovani come le 30enni, né un esaltazione della donna matura che si accompagna a un toy-boy. In genere tutti gli esseri umani di qualsiasi sesso oggi sono maggiormente spinti a combattere l’invecchiamento, vitamine, integratori, protesi, silicone ecc… si è sviluppato un business su questa tematica. Che riguarda quindi anche gli uomini, che mettono l’antirughe e quindi non sopportando le proprie “di rughe” notano di più quelle femminili.
Purtroppo questa affannosa strumentalizzazione dell’argomento da parte del “business da menopausa” travolge molte donne creando una “sindrome ansiosa” che le mette a dura prova….rendendo difficile la distinzione tra causa organica e causa “sociale”.
Prendendo il lato positivo: la medicina di tipo allopatico o naturale, l’estetica, la chirurgia, diviene oggi un ottimo alleato. Valutando la facciata negativa: può anche divenire un mezzo di agito “patologico compulsivo”.
Non si può negare la fragilità psichica in questo passaggio di vita. Ma da un punto di vista storico forse stavamo meglio quando stavamo peggio, le nostre nonne sono invecchiate serene, forse non si erano neanche accorte di avere le “vampate”. Se ingrassavano mettevano vestitini a pois….facendo calzette per i nipoti.
Vediamo ora come possiamo descrivere la menopausa: Una “delicatezza” emotiva e sensibilità che intanto andremo a conoscere valutando i cambiamenti ormonali, funzionali.
Cosa è per definizione MENOPAUSA: è il momento in cui cessa l’attività ovarica, in cui le ovaie non producono più follicoli ed estrogeni, cioè ormoni femminili per eccellenza. Il venir meno degli estrogeni comporta una serie di ripercussioni sull’organismo femminile che non si limitano alla scomparsa del ciclo, ma si possono manifestare con sintomi che caratterizzano la sindrome climaterica.
L’età in cui insorge la menopausa è dai 45 ai 53. Se avviene prima si parla di menopausa precoce.
Spesso la vera menopausa è preceduta da alterazioni della regolarità e durata del ciclo, cosiddetta pre-menopausa. Qui ci può essere una riduzione ormonale progestinica, che automaticamente porta ad un eccessivo aumento degli estrogeni che agiscono sull’endometrio, aumentandone lo spessore. Con un aiuto farmacologico ritorna il flusso mestruale, solo quando anche con l’aiuto farmacologico che spesso è una normale pillola anticoncezionale, sparisce il ciclo si parla di menopausa.
La scelta di ogni donna che si avvicina alla menopausa è chiedersi cosa fare. Cioè se vuole contrastare la sintomatologia tipica, se vuole procedere per una terapia naturale, o una terapia ormonale sostitutiva, o niente. Anche se ormai ricerche frequenti di tipo medico mettono in luce quanto sia importante intervenire. La tendenza medica è consigliare la terapia sostitutiva per 5-10 anni.
SINTOMI
Dobbiamo considerare che ad ogni calo degli estrogeni corrisponde un aumento del colesterolo questo ci aiuta a capire quanto la menopausa incide sui problemi cardiovascolari.
Come psicologa penso che un atto d’amore per sé implica una scelta, cercare di limitare i danni organici e sintomatologici. Ma scegliere tra una terapia Fitoterapica naturale e una terapia ormonale sostitutiva TOS è una scelta personale che deve essere in armonia con le nostre convinzioni e con noi stesse.
INTERVENTO FITOTERAPICO
Interviene sui sintomi in modo più lieve e naturale, le erbe e prodotti molto usati sono: Cimicifuga e L’agnocasto (vite rossa), tutti i derivati della soia che contengono isoflavoni. La cimici fuga abbassa i livelli ematici di prolattina, dell’ormone Lh ormone luteinizzante e fsh follicolo stimolante, contrasta la perdita di minerale nelle ossa. L’agnocasto ha gli stessi principi, può avere qualche piccolo effetto collaterale di tipo allergico, prurito, nausea, mal di testa.
INTERVENTO TOS terapia ormonale sostitutiva
E’ una terapia a base di estrogeni e progesterone. Di valido aiuto quando i sintomi creano disagi e possono compromettere l’attività lavorativa, le relazioni sociali e la vita di coppia. Riduce i sintomi previene osteoporosi, problematiche cardiovascolari. Vi sono prodotti nuovi in commercio che permettono un maggior risultato senza effetti collaterali. (episodi trombotici, ipertensione,)
La terapia sostitutiva può aiutare a calmare crisi di ansia, depressione e disturbi vaginali, si accompagna a benefici: uno studio americano WHI Women’s Health Initiative ha dimostrato che su 1000 donne che fanno uso di terapia ormonale estro-progestinica per circa un anno, si verificano il 4,7 in meno di fratture ossee, 0,6 di tumore al colon in meno. Non migliorano i sintomi di incontinenza e di cistite. C’è un rischio maggiore di trombosi venale profonda e ictus.
Prima di iniziarla si fatto tutti gli accertamenti, per la predisposizione alla trombofilia e la probabilità di sviluppare tumori al seno, non si somministra in caso di epatopatie o se sono già presenti carcinomi.
LE PROBLEMATICHE PSICOLOGICHE….pre-menopausa e durante
La prima riflessione, come già accennato, che si fa in questo momento storico è: quanto la paura di invecchiare delle donne e la loro ansia di è una reazione di natura esistenziale…o è indotta da questo bombardamento mediatico del business menopausale?
Penso che la risposta sia …ambedue.
I passaggi e i cambiamenti portano ansia e disagio in ogni fase di età. Questa fase diventa delicata dal punto di vista organico come le adolescenti che mestruano, ma loro hanno una vita davanti…noi non avremmo mai gli anni che abbiamo già vissuto. Il tic tac dell’orologio assume un rumore profondo fatto di ricordi e un senso di preziosità del tempo presente.
Se la donna che si avvicina alla menopausa ha delle problematiche irrisolte, passaggi di vita non completamente elaborati…lutti, separazioni…o altro, certamente partirà svantaggiata per affrontare quei cambiamenti organici e psicologici destabilizzanti. Ogni donna è diversa e ha un rapporto con il corpo dl tutto personale, così con la sessualità e il suo ruolo sociale e familiare.
Esistono donne che almeno apparentemente entrano in menopausa senza problemi, addirittura alleggerite di non aver più il ciclo.
Ma se è così emozionante avere il “primo ciclo”… come fa a non toccare emotivamente la sua scomparsa?!!. Certo alcune hanno una conflittualità profonda con la propria femminilità e ciò le porta a vivere questa “liberazione” da un peso, da una fertilità, o da mestruazioni dolorose.
Ma credo nessuno può rimanere indifferente ad un passaggio che segna la metà della vita. Un passaggio che ti porta a fare i conti sul “cosa ho realizzato”….o a chiederti “ed ora che succede?”
La parola “invecchiare” per molti anni sembra appartenere ad un vocabolario altrui, poi diventa nostro. Molte donne sono fisiologicamente fortunate perché non hanno sintomi invalidanti. Ricorrono all’estetica, al dimagrimento, vanno avanti tranquille. Altre sono nella crisi più nera.
I fattori organici si incrociano con quelli psicologici, il tutto condito da una contaminazione sociale di “eterna giovinezza”, illusiva ma percepita come reale. Attraverso i media abbiamo visto le adolescenti seguire le orme di eroine anoressiche, e noi? veniamo bombardate da donne siliconate eternamente giovani. I modelli arrivano, mettono le più fragili in crisi, essere diverse implica coraggio ed equilibrio. Purtroppo esistono donne adulte che non pagano il condominio e le rate della macchina per farsi il botulino. Pesante dirlo ma è così. Ogni donna è giustamente libera di avvicinarsi all’estetica e alla medicina estetica con libertà, il mio non vuole essere un giudizio rigido.
Dico solo che tutte amiamo comprare qualcosa, scarpe e vestiti…ma non tutte soffriamo di shopping compulsivo che ci impedisce di vivere una vita normale. Ovviamente anche una trentenne può inciampare in una ossessione estetica. Ma le probabilità che lo facciano donne adulte è maggiore. Proprio per questa fragilità di passaggio esistenziale.
Come aiutarsi: rispetto ai sintomi fastidiosi, ogni donna deve regolarsi sulla propria caratteristica, non c’è una soluzione buona per tutte, ma l’ascolto del proprio corpo è importante. Ogni donna deve rispettare la sua indole, se gli aiuti naturali sono preferiti è giusto che sia così…ma agire qualcosa per attenuare i sintomi è giusto. Perché dobbiamo stare male, sopportare e stringere i denti? Se l’umore è troppo instabile, troppo basso ogni evento della vita verrà preso con fatica e nel senso storto. Piccoli aiuti per migliorare la pratica sessuale oggi si trovano in ogni farmacia, gel, creme e lubrificanti…ma il grave problema è il calo del desiderio sessuale, proprio per la modificazione ormonale che abbiamo descritto. Pensieri depressivi e calo del desiderio vanno a braccetto con intolleranza, atteggiamenti aggressivi e oppositivi. Per tutte le donne? No ma tendenzialmente si…o almeno alcune ne risentono di meno. Cosa fare? Atteggiamenti di auto aiuto possono iniziare prima sul fronte sostegno farmacologico, o fitoterapico, con l’aiuto del medico o erborista o naturopata di fiducia sondare il potere organico personale di questo calo di estrogeni. Questo aiuta a capire quanto è fisiologico e quanto è la reazione depressiva al rifiuto mentale di invecchiare . Come dicevo se ci sono problematiche pregresse, queste necessariamente devono essere affrontate perché si percepiscono come enormi e insormontabili, magari con un sostegno psicologico. Nel rapporto di coppia la donna in menopausa ha bisogno di più coccole, riscaldamento e preliminari, complicità e gioco. Interessi e divertimento di coppia. Dobbiamo migliorare la comunicazione, il saper chiedere al partner. Imparare a soddisfare i nostri desideri.
Come terapeuta analitico esistenziale, ritengo che il motore di un benessere psicologico ad ogni età è la capacità di mantenere alto il desiderio di vita, di sogno, di progetto, di realizzazione….arriva il momento per chi non lo ha fatto prima di tirare fuori il “sogno dal cassetto”. Se abbiamo tempo da investire su noi, tante cose possono aiutare: lo sport, la socializzazione, il ballo….ma potente è “il progetto”, attivare le nostre risorse la nostra capacità di resilienza attraverso un impegno di realizzazione del nostro vero “sé”. Tutte abbiamo delle arti e delle capacità, è sconfiggere il vuoto e la noia che alimenta la depressione è più facile se ci inventiamo attività nuove e creative. Con un po’ di impegno tutto è possibile. Donne soddisfatte e impegnate vedono di meno la “ruga”, il cambiamento del tono muscolare, le varie trasformazioni. Anche il desiderio sessuale migliora, in fondo sessualità è amore per la vita, incontro calore contatto.
La soddisfazione per qualcosa che stiamo facendo, per un amore attento verso noi stesse ci aiuta a superare tanti ostacoli, ma nella maturità e saggezza di questi anni è ancora più gratificante! Invecchiare non è perdere…è trasformare, essere se stessi, aumentare la libertà di creare e realizzare, rispettare i propri ritmi e non quelli degli altri! Dare Vita ai propri Anni è molto meglio che dare anni alla propria vita! Buona menopausa a tutte! |
Intervista alla Dott. Viviana Morelli
Ah l’amore! Gioia immensa e dolore straziante…
“Amare è come una droga: all’inizio viene una sensazione di euforia, di totale abbandono. Poi il giorno dopo ne vuoi di più. Non hai ancora preso il vizio, ma la sensazione ti è piaciuta e credi di poterla tenere sotto controllo. Pensi alla persona amata per due minuti e te ne dimentichi per tre ore. Ma, a poco a poco, ti abitui a quella persona e cominci a dipendere da lei in ogni cosa. Allora la pensi per tre ore e te ne dimentichi per due minuti. Se quella persona non ti è vicina, provi le stesse sensazioni dei drogati ai quali manca la droga. A quel punto come i drogati rubano e s’umiliano per ottenere ciò di cui hanno bisogno, sei disposto a fare qualsiasi cosa per amore.” Paulo Coelho
Che cosa posso scrivere io sull’amore che non sia già stato scritto, recitato o cantato?! Come posso rispondere a tutte le persone, in prevalenza donne, (anche se i maschietti iniziano a farsi numerosi, sappiatelo!), che mi scrivono in privato, chiedendomi un consiglio per attrarre un nuovo amore che pare ignorarle o riconquistare l’uomo dei sogni che le ha abbandonate? Donne che arrivano ad affermare “sono disposta a tutto purchè ritorni da me”.
Personalmente non ho la presunzione di poter dispensare consigli a nessuno, tuttavia posso offrire, con intento costruttivo, la mia opinione: “accettare con dignità il rifiuto e non forzare mai i sentimenti”. Capisco che deludo chi mi ha scritto, soprattutto riferendosi con speranzosa bramosia alla legge di attrazione, richieste del tipo “io cerco di mandargli segnali del mio interesse per lui, ma lui niente, non capisce, sai come sono fatti gli uomini. (Un inciso: no, che non lo so, perché non li ho conosciuti tutti e detesto le generalizzazioni!). Cosa posso fare per fargli capire che lo amo?” oppure “Pensa Daniela, eravamo così innamorati e all’improvviso mi ha lasciata. Cosa posso fare per farlo ritornare da me? “Cosa suggerisce la legge di attrazione?”
Innanzitutto è necessario ribadire che la legge di attrazione non è un incantesimo d’amore ed agisce nel rispetto del libero arbitrio dell’essere umano. Funge da filtro naturale alla manipolazione delle persone ed è essa stessa ad attrarre fra loro persone secondo una “selezione vibrazionale”. Seppure proviamo un sentimento nei confronti di una persona, non abbiamo alcun diritto di coercizzarla per ottenere il suo amore. Innanzitutto “non funziona” e, quand’anche funzionasse, l’effetto boomerang sarebbe garantito.
Relativamente a “cosa posso fare per…?”, la mia risposta è: nulla! Riflettiamo insieme: cosa ritenete possa fare una persona, della quale voi non siete innamorate, per conquistarvi? Valutiamo alcune possibilità, come ad esempio, insistere nell’invitarvi ad uscire, ignorando i vostri garbati rifiuti? Potrebbe forse invadere i vostri spazi con appostamenti fintamente casuali? Oppure inviarvi sms continuamente? Telefonarvi a tutte le ore? Ingoffare di email il vostro pc? Rispondete sinceramente! Nel mio suggerimento “non fare nulla”, vi esorto al rispetto delle decisioni altrui oltreché di voi stesse. Una persona insistente, viene percepita come una zecca, dalla quale liberarsi. Azzerbinarsi non conquista nessuno!
E’ vero che l’amore attrae amore, ma imporre la propria presenza, sia in modo fisico o virtuale, ignora il rispetto per l’altro… elemento base dell’amore. Non confondiamo l’invaghimento ed il desiderio di possesso con l’amore.
Spesso, purtroppo, la cronaca riferisce casi di delitti passionali, motivati proprio dalla non accettazione del rifiuto da parte del partner, ex o ambìto che sia.
A prescindere dalle motivazioni, in molte persone si sviluppa una vera e propria dipendenza affettiva, come ben sopradescritto da Paulo Coelho. La “crisi di astinenza”, unitamente al senso di impotenza, rende il dolore straziante, privo di alternative lenitive… neppure la speranza! E se non fosse del tutto così? Se ci fosse una possibile, auspicabile, soluzione?
A tale proposito, ho chiesto l’intervento della mia gentile amica, Dott.ssa Viviana Morelli – Psicoterapeuta ad approccio integrato – Ipnositerapeuta ericksoniana, atto ad esaminare comportamenti e cause, individuando possibili soluzioni.
Buona lettura!
In allegato l’intervista integrale rilasciatami dalla Dott.ssa Viviana Morelli.
Daniela Cavallini:
Buongiorno Viviana, grazie per aver aderito alla mia richiesta di offrire un aiuto orientato al sollievo di chi soffre per amore. Il dolore del distacco dal partner, talvolta, diviene però un’ossessione che oserei definire invalidante. E’ in questo caso che si parla di “dipendenza affettiva”?
Grazie a te Daniela per questa opportunità. Voglio specificare due punti della Dipendenza affettiva. Una naturale predisposizione alla dipendenza affettiva appartiene al genere umano, noi abbiamo una lunga infanzia rispetto al regno animale, “affetto sostegno e cura” sono i presupposti fisici e psichici per un futuro adulto che sentendosi amato diviene un individuo sicuro con una persona solida. Ma tutti abbiamo ricevuto mancanze, inevitabile, il grado di disagio crea mille sfumature personali e di eventuale invalidità patologica, parliamo di dipendenza affettiva anche senza “ossessione” dopo una reale perdita, ma solo perché la persona uomo o donna che sia Dipende dal riconoscimento altrui, si annulla, per sentire di esistere ha bisogno di un Altro. Spesso l’ossessione è solo la paura della perdita, che chiaramente lascia l’altro impotente e frustrato.
Daniela Cavallini:
Come si distingue il “normale” dolore del rifiuto o dell’abbandono, da una vera e propria dipendenza affettiva?
Come tu hai ben detto sopra, la grande difficoltà di gestire il DISTACCO e il rifiuto, è uno degli elementi che caratterizza la dipendenza affettiva come patologia. Quindi l’ossessione di volere ad ogni costo quella persona anche se sappiamo di non essere amati può ritenersi un elemento da tenere in considerazione.
Nel lutto di abbandono ogni persona soffre e regredisce, seguendo le naturali fasi che prevedono la rabbia, l’autocolpevolizzazione …tutto questo vissuto si scioglie in un tempo “personale” ma il perseverare con controlli ossessivi e vendicativi, oppure ricercare un oggetto sostitutivo d’amare per colmare il vuoto, sono due elementi indicativi di un aspetto più patologico della dipendenza.
Daniela Cavallini:
In alcuni miei articoli ho parlato di “amori malati”, quelli altrimenti definiti “rapporti patologici”. Cortesemente ci descrivi i “sintomi” di tali rapporti, iniziando dai prodromi?
Possiamo dire, forse un po’ generalizzando che le cause di base di un incontro “malato” sono le ferite negate di ambedue, uno stato di malessere generale, insoddisfazione depressiva, l’incontro inizialmente magico e guaritore è il classico Innamoramento fusionale, quel fenomeno rivoluzionario che può essere momentaneamente terapeutico, ma in realtà vediamo nell’altro parti che ci mancano, molto spesso in realtà non appartengono a nessuno dei due protagonisti. I dipendenti affettivi si incontrano cercando “nutrimento” appoggio, considerazione, apparentemente appagati…nel tempo sviluppano una avidità insaziabile. Uno dei due ha un ruolo dominante “sadico-manipolatore”, svilisce l’altro …lo controlla, lo possiede, l’altra metà della mela è più “masochista dipendente”, non vive e non si muove senza il compagno, si sente morire quando l’altro minaccia l’abbandono ma paradossalmente fa di tutto per metterlo alla prova, per sfidare e misurare la propria capacità di essere amabile, e la capacità dell’altro di amare. Un amore immaturo che lascia poco spazio alla sopravvivenza del rapporto e crea malessere personale.
Daniela Cavallini:
Le conseguenze sono devastanti… possiamo affermare che la dipendenza affettiva genera altre dipendenze, tra le quali, soprattutto nelle donne, è la spasmodica ricerca di cibo. Uno smisurato consumo di cibo, soprattutto dolce, a scopo “lenitivo/compensativo”, oltreché un’inconscia ricerca di protezione talvolta conseguibile attraverso l’obesità?
Si Daniela molto vero! diciamo che spesso dietro un disturbo del comportamento alimentare c’è una dipendenza affettiva, molte volte negata, le grandi difficoltà relazionali e dipendenze dalla famiglia, dalle amicizie, dal partner, portano a stati depressivi e compulsivi. L’obesità come dici tu, può rappresentare una protezione attraverso “la ciccia” dal contatto, una rabbia negata ingurgitando cibo, una compensazione. La bulimia dove si alterna un abbuffata a vomito, simbolicamente rappresenta il rapporto di queste persone con gli affetti, ingurgitano e divorano le persone, poi le vomitano come il cibo. Il loro schema di relazione è questo.
Spesso si vuole vedere solo il sintomo principale, e non il problema di base. Il cibo è il primo simbolo di amore e di dipendenza, ogni neonato “dipende” dal nutrimento della madre.
Daniela Cavallini:
Ci sono persone, soprattutto donne, che sembrano attratte da storie complicate, il famoso detto “te li vai a cercare col lanternino” la dice lunga. Quando un amore si definisce “impossibile”? Che cosa induce un individuo ad affrontare , talvolta con la triste consapevolezza dell’esperienza, un “amore impossibile”?
Essendo portatori di una “ferita di Non amore” come diceva Schellembaum P. tendiamo a ricercare un continuo riconoscimento nel tentativo di superare il trauma. Cerco di essere più chiara, se una donna o uomo che sia è stato un figlio-a non riconosciuta attraverso un legame sano, ipotizziamo una donna che non è mai stata amata dal padre, quindi trascina con se un vuoto-ferita-dolore da un edipo non risolto, ma vale anche per una madre anaffettiva. La mancanza di Sostegno, di Riconoscimento della propria Identità femminile porta ad un disagio, ad una fame d’amore, una compulsione a ricercare conferme e amore. La Coazione a Ripetere di cui si sente parlare, sinteticamente porta la persona a “Rievocare il Trauma subito” è un tentativo del nostro psichismo per superarlo. Un tentativo paradossale perché fallimentare. La persona che “Incontriamo con il Lanternino” è stata scelta inconsciamente perché ha caratteristiche dell’Amore perduto, del padre o della madre,.
Quindi se io vengo attratta da un uomo Algido e distante come mio padre, il mio bisogno psichico mi dice che se io vengo amata PROPRIO DA QUELL’UOMO freddo e lontano, o sposato e “quindi entro in competizione con una famiglia”, io “FINALMENTE SONO, ESISTO” molto spesso non è amore vero, ma una infatuazione proiettiva. Sono amori impossibili perché in realtà ci attacchiamo a persone che già ci comunicano che non possono amarci come noi vogliamo.
Vogliamo salvare chi non vuole essere salvato, gli uomini si attaccano a donne avide o algide, le donne crocerossine a uomini patologici e problematici.
Il fallimento è assodato. La trappola è che più è difficile e ostacolato come amore più attrae, per salvare il nostro senso di inadeguatezza e la nostra sicurezza sembra necessario un sentiero impervio. Ma non è così.
Daniela Cavallini:
E’ possibile uscire da questa lacerante dinamica di attrazione per le storie impossibili? E, se si’, come?
Se osserviamo attorno a noi troviamo persone che accumulano storie impossibili e patologiche, per poi entrare nel ruolo “nessuno mi ama”, oppure “tutti gli omini o donne sono stronzi”, questi copioni possono andare all’infinito fino alla morte. Chi ne prende consapevolezza può solo interrompere questa dipendenza lavorandoci, come tutte le dipendenze, un percorso psicologico permette non solo la chiarezza introspettiva, ma il cambiamento del comportamento. Quindi per me solo psicoterapia o gruppi sulla dipendenza possono aiutare. In anteprima ti dico che ad ottobre io e la Dr.ssa Laura Pinzarrone inizieremo un gruppo sulle dipendenze affettive e da cibo, ad albano laziale, il giovedi sera.
Daniela Cavallini:
Che cosa ritieni di consigliare a chi si trova a vivere questo dramma?
Leggere molto sull’argomento e farsi aiutare, se non psicoterapia tutto ciò che va a nutrire quel naturale potere dentro di noi, quella dimensione esistenziale capace di illuminare l’amore per noi stessi.
Daniela Cavallini:
Viviana tu come applichi l’Ipnosi Ericksoniana in questi casi? Cioè quando una persona chiede un sostegno psicoterapeutico per uscire dalla dipendenza?
Vedi io principalmente sono una psicoterapeuta analitica esistenziale, l’Ipnosi diviene qui un valido strumento, attraverso trance, metafore, per ricercare il potere dell’inconscio creativo in noi…..noi tutti abbiamo una soluzione, un potere di amore per noi stessi, ideali…sogni…creatività… che sono risorse fondamentali per uscire dalle dipendenze.
Se la dipendenza ha la fine di cercare un benessere fuori di noi, dobbiamo fare la fantastica scoperta che dentro di noi c’è un Sé che ci illumina e ci ama, abbiamo ciò che ci serve…dobbiamo solo scoprirlo e alimentarlo.
Spesso l’induzione ipnotica aiuta a trovare il percorso…la strada…la passione per la vita in sé.
GRAZIE DANIELA
Daniela Cavallini:
Ti ringrazio molto per la disponibilità ed i preziosi consigli.
IPNOSI ERIKSONIANA E PSICOTERAPIA ANALITICA- ESISTENZIALE
Dr.ssa Viviana Morelli psicoterapeuta ad approccio integrato
Ipnosi Ericksoniana
Chi si rivolge ad uno psicoterapeuta porta con se un bagaglio di disagi, ansie, sintomi psicosomatici di varia natura; entra in una stanza accogliente con un peso grande, consapevole che sta chiedendo aiuto.